Sconsiglio vivamente
e non lo rileggerei

Shantaram

scritto da Roberts David Gregory
  • Pubblicato nel 2003
  • Edito da Hachette Digital
  • Letto in Inglese
  • Finito di leggere il 16 settembre 2012

Shantaram è un libro di circa 1.200 pagine e, in alcune recensioni, è stato paragonato a Guerra e Pace.
In realtà é un polpettone, una storia inverosimile, nella quale si mescolano tutti gli stereotipi sullʼIndia( di noi occidentali) con lʼimmancabile ritornello secondo cui lʼarretratezza economica dovrebbe essere vista come autenticità culturale.
Il problema è che il libro, scritto peraltro in un ottimo inglese, è prolisso, noioso, privo di azioni e senza alcun approfondimento dei personaggi, i cui caratteri restano solo accennati, a cominciare da quello del protagonista.

Devo confessare che il mio giudizio, così drastico, si basa solo su meno della metà del libro, perché, sfinito e sconsolato, ho deciso di interrompere la lettura, cosa che non faccio mai.
Può darsi che la seconda parte del romanzo sia splendida, ma lascio lʼonere della prova ad altri lettori, più pazienti del sottoscritto.

La storia dovrebbe riprendere la vita dellʼautore.
Il protagonista è fuggito da una prigione australiana e ha trovato rifugio nella grande e multiforme Bombay.
Qui conosce un gruppo di occidentali, che vivono sul confine tra il mondo indiano e quello occidentale.
Le occasioni, la curiosità e lʼamicizia con un uomo del posto ( Prabaker, lʼunico personaggio tratteggiato con cura) lo portano ad abbandonare questa posizione da " spettatore": " improvvisamente ho realizzato che se volevo vivere qui, a Bombay, la città di cui mi ero innamorato, dovevo cambiare, dovevo farmi coinvolgere....
dovevo aspettarmi che mi avrebbe trascinato nel flusso della sua gioia e della sua rabbia.
Presto o tardi, lo sapevo, avrei dovuto abbandonare le zone sicure e gettarmi fra la violenza della gente, e mettere il mio corpo in gioco".
E così ha fatto, andando a vivere in una delle tante baraccopoli della città.
E da qui in poi cominciano le vicende inverosimili: apre una clinica per fornire le prime cure agli abitanti dello slum, fa amicizia con un gruppo di mafiosi che governano la baraccopoli ( criminali che amano discutere di filosofia), ha persino occasione di abbracciare un orso, combatte contro i cani selvaggi e così proseguendo.
Gli episodi si susseguono senza un filo conduttore, mettendo insieme tutto ciò che noi turisti ci aspetteremmo dellʼIndia, La narrazione, che vorrebbe essere realistica e cruda, è invece pervasa di ipocrisia e di artefatto.
Certo, il nostro protagonista è colpito dalla sofferenza, dalla miseria e dagli scoppi di violenza del popolo, ma si adagia, serenamente, sui valori di solidarietà che pervadono la povera gente, senza accorgersi che questi valori non hanno fondamento nella coscienza di cambiare, ma derivano dalla rassegnazione, dallʼaccettazione di un mondo ingiusto.
Anzi non ha senso il cambiamento: " quando noi agiamo, perfino con le migliori intenzioni, quando noi interferiamo con il mondo, noi rischiamo sempre un nuovo disastro che potrebbe anche non derivare dalla nostra azione, ma che non sarebbe avvenuto senza di noi.
Alcune delle peggiori ingiustizie sono causate da gente che cercava di cambiare le cose".
Con questa filosofia non ci si stupisce che il protagonista si trovi più a suo agio con i mafiosi che governano la città e con il gruppo di occidentali che passano il tempo a fumare marijuana.
Né si può essere sorpresi che il protagonista si troverà coinvolto nelle lotte tra le bande criminali.
Ma di questa parte non posso scrivere perché, come ho già detto, ho interrotto la lettura.

Lʼeleganza e la fluidità dellʼinglese fanno venire il sospetto che questo libro sia un prodotto di marketing, ossia sia stato costruito ad arte intorno ad un tema ricorrente e abusato nella letteratura e nella cultura occidentale: il fuggitivo che trova una nuova vita nella multiforme India.
" Come tutti i fuggitivi, tanto più avevo successo, tanto più a lungo e avanti andavo, tanto meno conservavo la mia identità.
Ma cʼera gente, alcuni che potevano raggiungermi, alcuni nuovi amici per la mia nuova identità che stavo imparando ad avere .....
un tale gruppo così disperato, i più ricchi e più disgraziati, educati e illetterati, virtuosi e criminali, vecchi e giovani, sembrava che lʼunica cosa che avessero in comune fosse il potere di farmi sentire qualchecosa" Un bellʼegocentrismo occidentale !

Perché non leggerlo ? È noioso, stucchevole e fastidioso.

Altre recensioni che potrebbero interessarti

Le due Tigri

Salgari Emilio

Gotico Americano

Farinelli Arianna

La linea del colore

Scego Igiaba

Bilal

Gatti Fabrizio