Gradimento Medio-basso
e non lo rileggerei

La capitana del Yucatan

scritto da Salgari Emilio
  • Pubblicato nel 1899
  • Edito da RBA Italia
  • 350 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 06 febbraio 2024
Il romanzo è ambientato a Cuba, durante la guerra ispanico-americana del 1898, che portò la Spagna a perdere le sue ultime colonie. Uno "yacht", l' Yucatan, deve forzare il blocco navale degli Stati Uniti per portare armi e provviste alle truppe spagnole, in gravi difficoltà per la concomitante avanzata dei ribelli indipendentisti e per la pressione della potente flotta americana. E' un vascello di piccole dimensioni, ma è un capolavoro d'ingegneria: le sue macchine gli permettono di toccare i ventisei nodi, il suo scafo di acciaio è suddiviso in diversi compartimenti stagni e dotato di una cintura di protezione, formata di fibre di cocco, che lo rendono inaffondabile. E meraviglia della tecnica! Lo "yacht" può inabissarsi lasciando visibile solo il ponte, così da sembrare un rottame alla deriva. Pure Salgari è rimasto abbagliato dai prodigi della tecnologia o cerca in tal modo di emulare il fascino del Nautilus di Giulio Verne, suo concorrente diretto. A comandare lo Yucatan è la marchesa de Castillo. La Capitana << aveva una bella testa, adorna d'una capigliatura abbondante, d'un nero assai cupo e ondulata come quella delle gitane spagnole, (...) aveva la pelle di quel pallore senza riflessi, d'una tinta strana, che solo si trova nelle creole delle Grandi Antille, (...) occhi di un nero perfetto, (...) lunghe palpebre setose, (...) labbra rosse come un melagrana>>. Dopo una tale descrizione ci saremmo aspettati una storia ammaliante come quella di "Yolanda la figlia del Corsaro Nero" o ambigua e misteriosa come il racconto di "Capitan Tempesta" (vedi recensioni in questo sito); e invece la marchesa de Castillo sta ai margini, emergendo solo a tratti e in un ruolo comprimario, mentre il vero protagonista è il tenente Cordoba, << un lupo di mare  (...) di statura piuttosto bassa, tutto nervi e muscoli, con un viso angoloso, abbronzato dal sole della zona torrida e dalla salsedine dell'aria marina>>. E' lui che conduce l' Yucatan e il suo equipaggio in una successione di avventure, in mare e in terra. In una di queste imprese Cordoba, con una piccola scialuppa, va a sganciare dei siluri contro una cannoniera facendola esplodere e aprendo la via al piccolo vascello; in un'altra l' Yucatan si nasconde in una grotta marina, in un'altra ancora riesce a fuggire abilmente tra una moltitudine di scogli e di secche. Siamo nella costa Sudest di Cuba, di fronte al Messico, piena di isolotti, di canali marini simili ai fiordi, ricca di una natura lussureggiante, descritta sempre con toni cupi, quasi ad anticipare il finale dolente. Il mare è abitato da <<splendide meduse somiglianti a grosse lampade di vetro smerigliato, d'una tinta pallidissima>>; i fenicotteri assumono un aspetto fantastico, con la coda << coperta di penne d'uno splendido color rosa carminio, che lungo le ali diventa d'un superbo color rosso corallo o rosso fuoco>>; nelle foreste predominano manghi giganteschi, con <<liane smisurate che salivano e scendevano lungo i tronchi con mille contorcimenti o aggrappandosi ad una infinità di piante parassite che formavano dei fitti festoni>>; e << l'aria è talmente pregna d'umidità che corrompe ogni cosa>>, tutto si guasta, ammuffisce, si decompone, su tutto grava la terribile febbre gialla. Tra questi miasmi malefici si compie l'ultima corsa dello Yucatan. Troppa è la potenza degli Stati Uniti! Non si può lasciare il meraviglioso vascello agli imperialisti americani, meglio affondarlo con la dinamite. << La marchesa gettò uno sguardo lagrimoso sulla fumante carcassa, semisommersa fra le acque e le sabbie e mormorò, con un sospiro: "la nostra missione è finita!">>.

In misura maggiore che in altri romanzi emerge il Salgari divulgatore. Mescolando paesaggi a lui vicini e resoconti di viaggiatori e geografi (nella seconda metà dell'Ottocento anch'essi ricchi di immaginazione), lo scrittore descrive il mare e le coste in modo minuzioso, con dettagli naturalistici e marinari. Nello stesso modo si comporta nel racconto dell'assedio di Santiago, enumerando le navi americane e illustrando le diverse battaglie. Da un lato ci sono i valorosi ma sfortunati spagnoli e dall'altro i perfidi americani, << il sindacato dei finanzieri>>, gli imbelli negri (<<grandi cappellacci, piume gigantesche, (...) una tremarella indiavolata) >>, e i creoli che mancano di coraggio, forse si chiede Salgari, per il clima o l'oppressione costante degli spagnoli. Si sente puzza di razzismo o, più banalmente, un desiderio di rivalsa per la grave sconfitta subita dall'Italia in Etiopia (Adua è del 1896). L'intento divulgativo appesantisce il ritmo narrativo, frammentato e rallentato da troppe digressioni. Manca poi quel sistema di personaggi tipico dei romanzi di Salgari che contribuisce ad alleggerire la trama: un protagonista, generalmente tenebroso, con due caratteri di spalla, spesso lievemente ironici e sapientemente realisti. Qui a dominare la scena è Cordoba, carattere troppo consapevole della propria superiorità di lupo di mare per dare spazio agli altri attori, persino alla stessa Capitana, la quale, infatti, si dichiara sua allieva.

Perché leggerlo? E' prolisso e ripetitivo a tratti, ma offre uno squarcio di un pezzo di storia poco conosciuto.

Altre recensioni che potrebbero interessarti

I minatori dell'Alaska

Salgari Emilio

Il Leone di Damasco

Salgari Emilio

Le Tigri di Mompracem

Salgari Emilio