Il libro è ambientato nel contesto della borghesia romana (pariolina) degli anni’70 e ʼ80.
Una famiglia ebrea, i Sonnino, conduce una vita estremamente lussuosa e dispendiosa, anche se si trova ad attraversare periodi di grande successo, la bancarotta e poi la ripresa economica.
Il capostipite, il nonno Bepy, vive nella più totale sregolatezza e influenza, nel bene e nel male, il destino di tutti i suoi famigliari, i figli e i nipoti.
La storia dei Sonnino si incrocia con quella dei Cittadini, il cui capostipite, Nanni, è stato socio di Bepy ma poi ha continuato ad accumulare una ricchezza sempre più grande, nobilitandosi sposando una principessa.
Anche Nanni ha determinato la vita dei suoi famigliari, il figlio che si suicida, il nipote alcolista e la nipote Gaia, di cui è innamorato Daniel, il nipote di Bepy.
Un primo filone conduttore del libro è la storia delle due famiglie, quasi una Buddenbrook romana.
Ma le vicende famigliari sono l’occasione per la descrizione di personaggi e di ambienti paradossali, sulla falsariga di Middlesex di Jeffrey Eugenides, e per una ricerca del tempo perduto di Daniel, che ricorda in qualche modo Proust.
È pure presente il tema dell’ebraismo, con accenti e richiami a Woddy Allen.
Si tratta, quindi, di un libro fortemente influenzato da altre letture e lo stile stesso ricorda Saul Bellow o la versione di Barney.
Il ritmo e la struttura sono all’inizio piacevoli per poi diventare sempre più noiosi, ripetitivi e scontati.
L’uso eccessivo della forma interrogativa e la mescolanza di linguaggi e lingue frammentano la narrazione, la quale non si appoggia né su una descrizione approfondita del contesto (la rappresentazione della borghesia romana risulta superficiale e sotto certi aspetti falsa, tenendo conto della cultura cosmopolita del protagonista) né su un analisi dei personaggi, dei loro sentimenti e della loro evoluzione emotiva e spirituale.
Forse, l’aspetto più genuino del libro è la storia di una gioventù, una visione intellettuale e ironica delle vicende di Moccia.