Sconsiglio vivamente
e non lo rileggerei

L'anno della morte di Ricardo Reis

scritto da Saramago José
  • Pubblicato nel 1984
  • Edito da La Repubblica
  • 351 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 11 agosto 2014

Ricardo Reis é uno dei tanti nomi, con i quali firmava le sue opere Fernando Pessoa, massimo scrittore portoghese del novecento.
Lʼautore immagina che un Ricardo Reis, dopo sedici anni trascorsi in Brasile, ritorni a Lisbona, proprio nellʼanno della morte di Pessoa, il 1935.
È inutile cercare una trama nel romanzo; come nellʼUlisse di Joice, il vero soggetto del racconto sono le peregrinazioni nella Lisbona degli anni ʼ30 e il susseguirsi di pensieri sulla realtà e su sé stessi: pensieri che non trovano mai nelle parole una esauriente espressione.
"Sopra la nudità forte della verità il manto diafano della fantasia, sembra chiara la sentenza, chiara, chiusa e conclusa, anche un bambino sarà capace di capirla e andarla a ripetere allʼesame senza sbagliarsi, ma questo stesso bambino capirebbe e ripeterebbe con ugual convinzione una nuova frase, Sopra la nudità forte della fantasia il manto diafano della verità, e questa frase sì, dà molto più da pensare, e immaginare con gusto, solida e nuda la fantasia, diafana appena la verità, se le sentenze capovolte diventassero leggi, che mondo faremmo con loro, è un miracolo che gli uomini non impazziscano ogni volta che aprono bocca per parlare".
Nellʼabile capovolgimento letterario con il quale la certezza della realtà si trasforma in vaghezza, e prende il sopravvento lʼimmaginazione, si rivela il tema di fondo del romanzo; non è più possibile "leggere" il mondo, quello interiore così come il contesto esterno.
Ricardo Reis cammina per Lisbona come se fosse in un labirinto, senza trovare le vie di uscita.
È in parte "uno spettatore dello spettacolo del mondo" ed in parte è travolto dai suoi stessi pensieri: non è lui "che pensa questi pensieri né uno di quegli innumerevoli che vivono dentro di lui, è forse il pensiero stesso che sta pensando, o semplicemente pensando, mentre lui assiste, sorpreso allo srotolarsi di un filo che lo conduce per strade e corridoi ignoti ..." Ma è Ricardo Reis che è confuso o è invece la realtà stessa che diviene rappresentazione, non verità ? Le pagine più interessanti del libro riguardano il viaggio del protagonista a Fatima e la descrizione di una sorta di simulazione di guerra da parte del regime dittatoriale di Salazar: una voglia di partecipare alla grande mattanza degli anni ʼ30 (guerra di Spagna e poi conflitto mondiale).
Alla vista dello sfruttamento senza ritegno delle speranze di una guarigione, del commercio piccolo e grande intorno al santuario, la religione diviene superstizione, occasione di festa, disprezzo della spiritualità.
Nello stesso modo le parate militari, le celebrazioni di vittorie mai avvenute, le false notizie, la propaganda sono lʼinquietante parodia di un disastro morale e fisico che incombe sullʼEuropa.
Il protagonista cerca, senza grande convinzione, solidi ancoraggi alla propria vita, interiore e politica, ma è tutto inutile: "il tempo si trascina come unʼonda lenta e vischiosa, una pasta di vetro liquido sulla cui superficie ci sono miriadi di scintillii che attraggono gli occhi e deviano il significato, mentre in profondità traspare il nucleo fulvo e inquietante, motore in movimento (...) Manca a Ricardo Reis un cagnolino da cieco, un bastone, una luce davanti, che questo mondo e questa Lisbona sono una nebbia scura dove si perdono il sud e il nord, lʼest e lʼovest, dove lʼunica via aperta va verso il basso, se un uomo si abbandona precipita giù, manichino senza gambe né testa".
Non cʼè quindi da stupirsi che quando il fantasma di Pessoa fa visita al protagonista, Ricardo Reis decida di seguirlo nel mondo dei morti, laddove la lettura è la prima facoltà che si perde.
"Qui (a Lisbona), dove il mare è finito e la terra attende".

Si possono dare molte interpretazioni al romanzo: la narrazione di un percorso verso la morte; il desiderio di parlare di una Lisbona ormai scomparsa; il contrasto tra lʼamore vagheggiato ed idealizzato (la figura di Marcenda, figlia di un notaio) e lʼamore sensuale e concreto (la relazione con la cameriera Lidia); la sottile ironia della società portoghese; ed altri significati ancora.
Il filo unitario di tante spiegazioni è la frantumazione della coscienza europea, consapevole e spaventata ma inerte e pavida dinanzi al disastro verso il quale va, come se fosse trascinata da un destino illeggibile e inarrestabile.
"Tutti abbiamo avuto padre e madre, ma siamo figli del caso e della necessità, qualsiasi cosa questa frase significhi, lʼha pensata Ricardo Reis, che la chiarisca lui".

Durante la lettura del romanzo ci si imbatte in frasi eccezionali dal punto di vista letterario.
Non si può non essere invidiosi, ed affascinati, del seguente periodo.
"Solo una vaga pena inconseguente indugia un poco alla porta del mio animo e dopo avermi un attimo fissato passa, sorridendo di nulla, ha mormorato" (Ricardo Reis).
Ma in generale lo stile narrativo è pesante e noioso.
La frase è complessa, con numerosi cambi di soggetto, i periodi sono lunghi con la dominanza della virgola, la punteggiatura non aiuta la lettura, le riflessioni, spesso di carattere filosofico, prevalgono rispetto alla trama, ai personaggi e alle descrizioni.
Mancano totalmente i dialoghi, che potrebbero dare respiro e vivacità alla narrazione.
È un Ulisse, nel quale non cʼè Mr Bloom.

Perché non leggerlo ? È noioso e prolisso.

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