Il romanzo racconta le vicende di Jean Valjean, un forzato, che dopo l’incontro con un vescovo (un santo), si converte in un uomo buono e giusto: diviene prima un ricco imprenditore, ritornato poi in galera, fugge per salvare ed educare una bambina, Cosette, che, una volta grande, si innamora di un giovane rivoluzionario.
Jean Valjean salva il giovane da morte sicura (durante le rivolte del 1832), e poi decide di scomparire per non compromettere il futuro dei due giovani con la sua natura di carcerato fuggiasco.
Ma la bontà trionfa e, come dice l’autore, “la notte era senza stelle e profondamente oscura”.
Senza dubbio, nell’ombra, qualche angelo immenso era uscito, con le ali spiegate, ad attendere l’anima dalla suprema ombra alla suprema aurora".
Come ha scritto Victor Hugo: “il libro che il lettore ha sotto i suoi occhi in questo momento, è, da un capo all’altro, nel suo insieme e nei suoi dettagli, quelle che siano le intermittenze, le eccezioni e le lacune, la marcia del male al bene.
Dell’ingiusto verso il giusto, del falso al vero, della notte al giorno, dell’appetito alla coscienza, dalla putrefazione alla vita; dalla bestialità al dovere, dall’inferno al cielo, dal nulla a Dio.
Punto di partenza: la materia, punto di arrivo: l’anima.
L’idra (il male) all’inizio, l’angelo alla fine “ Questa concezione è basata sulla fiducia nel progresso (che si identifica in Hugo in Dio e quindi in un socialismo umanistico e cristiano) e sulla sollevazione del “mondo dei miserabili“ dovuto a forze sociali inarrestabili.
Da questo punto di vista gli innumerevoli personaggi del romanzo diventano degli “archetipi”, rappresentativi di un ruolo da assolvere nella grande trasformazione del mondo e privi quindi di una loro profondità: i sentimenti e le motivazioni vengono solo apparentemente analizzati ed approfonditi, in realtà è solo un susseguirsi di figure retoriche (predomina la formula interrogativa) per illustrare contraddizioni e dilemmi che non fanno parte della sfera intima (e in questo senso universali) ma di una funzione sociale e storica.
Basti pensare alla “conversione“ di Jean Valjean e all’analisi dei problemi di coscienza che il protagonista incontra nel corso del romanzo (la decisione di presentarsi ad un processo per evitare che un innocente risponda delle sue colpe e quella di ritirarsi nell’ombra per non compromettere la felicità dei due giovani): in tutti i casi si è dinanzi ad una sorta di illuminazione divina e di imperativo morale, mentre la descrizione della conseguente infelicità del personaggio (a causa della perdita di Cosette) è piatta e schematica.
Ancora più paradossale e incredibilmente privo di qualsiasi spessore psicologico o filosofico appare uno dei episodi più drammatici dell’intero romanzo.
L’ispettore Javert (il grande persecutore di Jean Valjean) è rinchiuso nella morsa tra la legge degli uomini, che vorrebbe l’arresto dell’ex carcerato, e la coscienza che lo porta a liberare Jean Valjean, che gli ha salvato la vita.
L’incapacità di uscire da questo dilemma lo conduce al suicidio.
È evidente che Hugo intende attaccare gli approcci burocratici e freddi all’applicazione di una legge, che spesso è ingiusta perché di parte (acutissima e di grande effetto è l’ultimo scritto di Javert, un mero elenco di suggerimenti per il capo della polizia), ma basta immaginare che cosa avrebbe scritto un Dostoevskij sulla contraddizione tra coscienza umana ed imperativi imposti da qualsiasi regola e norma per rendersi conto di quanto l’autore francese sia lontano dallo spirito moderno e sia ancorato ad una visione fredda e moralistica dell’uomo e dei suoi problemi.
Anche la rappresentazione della storia francese (dalla rivoluzione francese al re borghese) è una serie di vicende epiche, dominate dalla Provvidenza: la stessa sconfitta di Waterloo è dovuta ad un destino che intende chiudere il periodo napoleonico per aprire una nuova fase di trasformazione sociale che condurrà ai grandi rivolgimenti del 1848.
Ma esistono veramente gli individui e le classi sociali o tutto è già determinato da una forza oscura e immanente, ad un tempo religiosa e scientifica: il Progresso ?I Miserabili sono un’opera profondamente datata e richiusa nella cultura dell’Ottocento, che può dire poco all’uomo del post-modernismo e della globalizzazione.
Come succede spesso ai grandi autori (si prenda la stessa Divina Commedia di Dante ) le parti più valide riguardano componenti ed approcci, che non sono riconducibili alle finalità dichiarate.
Victor Hugo è un autore romantico, che ricerca continuamente il grottesco e l’immaginifico: caratteristiche del suo stile che rendono talvolta pesante la lettura ma che contribuiscono a scrivere pagine molto belle e ricche di suspense.
Si pensi alla descrizione di Cosette, che, bambina di otto anni, deve andare a prendere l’acqua in piena notte, che guarda il tramonto di Giove e sente la natura che la circonda e che sembra muoversi per catturarla: “le erbe alte formicolavano sotto il vento di tramontana come delle anguille.
Le rocce si torcevano come lunghe braccia armate di artigli cercando di prendere delle prede….
”; all’episodio del tranello teso dai malfattori a Jean Valjean, così pieno di colpi di scena e di imprevisti ed infine al bellissimo capitolo (“Comment de frère on devient père”) nel quale i due bambini abbandonati approfittano del pane gettato ai cigni per mangiare.
In poche pagine l’autore riesce a descrivere la tranquillità del parco del Luxembourg, la solitudine dell’infanzia, la solidarietà tra bambini e la grettezza e l’ipocrisia della cultura borghese.
Il vero capolavoro del romanzo è costituito dall’episodio dell’elefante: immagine bellissima e di grande effetto con la quale un monumento destinato ad esaltare il potere diviene rifugio di tre bambini.
È presente poi un altro protagonista del romanzo: la città di Parigi.
L’attenzione toponomastica dell’autore, la descrizione minuta delle strade e delle case (molte delle quali scomparse già durante la vita di Victor Hugo) forniscono unʼambientazione romantica al romanzo e al suo contesto.
Siamo prima dei grandi boulevard ed in presenza di una città reticolare, nella quale è facile perdersi e scomparire.
Sono poi di grande interesse le pagine relative al dialetto parigino in uso tra i “miserabili” ad indicare un’attenzione quasi antropologica dell’autore.
Ma l’idea del Progresso è veramente autentica o soltanto letteraria e politica e nasconde in realtà una nostalgia romantica per il medioevo e per la storia pre-rivoluzionaria ?Il romanzo è in generale prolisso, in molti tratti noioso ed è un fumettone.