Gradimento Medio-basso
e non lo rileggerei

Storia della bambina perduta

scritto da Ferrante Elena
  • Pubblicato nel 2014
  • Edito da Edizioni e/o
  • 451 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 06 ottobre 2015

Prosegue la storia dellʼamicizia tra Elena e Lila, la cui conclusione ci dà il senso del lungo racconto: invano possiamo dare chiarezza al fluire disordinato degli eventi e dei sentimenti.
Nel libro precedente abbiamo lasciato Elena, che fuggiva con Nino, abbandonando una prosaica vita borghese.
Per molte pagine, anche troppe, al centro cʼè Elena, madre separata e soprattutto amante.
Per stare vicino a Nino Elena torna a Napoli, trascinando con sé le due figlie.
Va a vivere in un luminoso appartamento in Via Tasso, lontano dal rione, che comunque frequenta spesso.
Non riesce a "riacciuffare subito Lila e tutte le complicazioni che porta con sé o, peggio, mi lascio prendere dalle vicende della mia vita perché le butto giù con più facilità".
Nino si rileva un uomo evanescente, con sfrontatezza non abbandona la moglie per Elena, è egoista, vanesio, sfrenatamente ambizioso, naturalmente traditore.
Può una donna intelligente e colta accettare di essere la concubina di un furfante ? "Più viaggiavo verso Milano, più scoprivo che, accantonata Lila, non sapevo darmi compattezza se non modellandomi su Nino.
Ero incapace di essere io il modello di me stessa.
Senza di lui non avevo più un nucleo a partire dal quale espandermi fuori dal rione e per il mondo, ero un mucchio di detriti".
Si rompe lʼincantesimo; Elena sorprende Nino in lurido amplesso con la fantesca, il più borghese dei tradimenti.
E scopre che Nino è "niente di alieno, dunque, molto invece di laido".
Lascia lʼuomo e la luminosa dimora per andare a vivere nel rione, sopra lʼappartamento di Lila.
Il racconto sviluppa lʼamicizia delle due amiche in un contesto inusuale, quello familiare: il lavoro di entrambe (quello di Elena la porta spesso lontano), cinque ragazzi, dei quali due, Tina e Imma bambine e coetanee, figlia di Lila la prima, di Elena la seconda, avuta da Nino.
Il racconto procede lento, intriso delle vicende del rione, dei piccoli conflitti familiari e dei sentimenti contrastanti delle due amiche, quando allʼimprovviso si verifica una svolta drammatica: Tina scompare.
La "bambina perduta" ci riporta allʼ"Amica geniale": al centro cʼè di nuovo Lila e con lei Napoli.
Non è come ci si aspetterebbe.
Il dolore di Lila resta sempre sullo sfondo.
È vero "Tina le si è incestata dentro.
(...) Bisognava trovare il modo di tornare a far scorrere la storia della bambina".
Ma Lila lo fa a modo suo, andando alla scoperta di Napoli, putredine e splendore ad un tempo.
In quale città si è edificata una chiesa (San Giovanni a Carbonara) sopra un fosso detto la Carbonara, perché si gettavano corpi putrefatti ed arti spezzati di uomini e di animali ? "Ebbi spesso lʼimpressione che Lila usasse il passato per normalizzare il presente (...).
Nelle cose napoletane che le raccontava cʼera sempre allʼorigine qualcosa di brutto, di scomposto, che in seguito prendeva la forma di un bellʼedificio, di una strada, di un monumento, per poi perdere memoria e senso, peggiorare, migliorare, peggiorare, secondo un flusso per sua natura imprevedibile, fatto tutto di onde, calma piatta, rovesci, cascate".
In fondo la vita non un continuo "smarginare", "uno sciogliersi di materie eterogenee, un confondersi e rimescolarsi" ? Ed allora perché stupirsi dello svanire di Lila, della sua decisione di andarsene senza lasciare traccia di sé, se non due bambole, vecchie di cinquantʼanni, spedite un giorno ad Elena ? Certo rimane ad Elena lʼimpressione di essere stata ingannata, di essere stata trascinata dove voleva Lila."Per tutta la vita aveva raccontato una storia di riscatto, usando il mio corpo vivo e la mia esistenza.
(...) Scrivo da troppo tempo e sono stanca, è sempre più difficile tener teso il filo del racconto dentro il caos degli anni, degli eventi piccoli e grandi, degli umori.
(...) A differenza che nei racconti, la vita vera, quando è passata, si sporge non sulla chiarezza ma sullʼoscurità."

Ancora una volta lʼautrice si sofferma troppo a lungo su una banale storia di tradimenti, di vicende familiari e di relazioni sociali.
Vorrebbe scavare nellʼanimo di Elena per approfondire le ragioni della sua remissività verso un amante chiaramente traditore, ma la narrazione risulta scialba, superficiale, noiosa.
Cʼè la vita del rione, si susseguono avvenimenti anche drammatici, come il terremoto, ma il tutto sembra appiccicato senza alcuna analisi sociologica.
Ci sono le figlie di Elena, incredibilmente adattive a nuovi ambienti e a cambiamenti di vita, ma è inverosimile che trascorrano infanzia ed adolescenza impermeabili alla confusione familiare, alla madre sempre impegnata da altre parti e alla stessa violenza del rione.
Il romanzo prende il volo solo quando entra in scena Napoli.
Sembra allora di leggere Matilde Serao, Anna Maria Ortese, ossia le grandi scrittrici napoletane: il merito è di Lila, un personaggio capace di vivere di vita propria, quando non è messa in secondo piano dalla troppo borghese e scontata Elena.

Perché leggerlo ? È un poʼ noioso ma vale la pena leggerlo per vedere come finisce la grande sagra.

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