Si tratta di un breve racconto.
Il padre della narratrice è ricoverato in un ospedale di Amsterdam, dove gli è stato diagnosticato un cancro alla prostata, che lo porterà in tempi brevi alla morte.
È un uomo taciturno e schivo, che si apre alla figlia, la narratrice, raccontando della famiglia e del nonno.
Uno dei temi è costituito dall’abitudine della moglie di "raccontare delle bugie", ossia di inventare episodi della famiglia.
La narratrice si rende quindi conto che "buona parte del mio passato poteva essere stata confezionata da mia madre".
Il tema del racconto è il mito della famiglia, ossia la capacità di mitizzare, idealizzare e immaginare una memoria famigliare, che incide poi in modo determinante nell’evoluzione mentale, psicologica e culturale dei discendenti.
"Durante quelle settimane estreme in Amsterdam pensavo alle origini.
Pensavo intorno a mio nonno.
Pensavo anche a certi miti delle origini che avevo messo insieme da bambina per spiegare cose che erano importanti, il mio senso di essere del nord, la paura dell’arte, l’inevitabilità della fine".
L’elaborazione mitologica è l’elemento determinante di questa memoria, che non fotografa la realtà, non è storia, ma permette di ricevere un mondo di valori e di sensazioni.
La narratrice immagina che la sua famiglia paterna fosse come il sistema degli dei nordici "selvaggi, stravaganti, duri, robusti e terrorizzanti" e che "le bugie di sua madre fossero per addolcire e mitigare il mondo tempestoso e freddo di mio padre".
L’invenzione nella narrazione è un modo per liberarci dal dolore, dall’aridezza della vita, dall’avvicinarsi inesorabile della morte: "che cos’è tutto questo, tutta questa storia che vi sto raccontando se non un’accurata selezione di cose che si possono dire, che possono essere portate alla luce del giorno? A lato di questa costruzione si allungano le ombre nere delle cose non dette, perché non voglio, o non oso dirle, oppure non le ricordo, le ho fraintese, le ho dimenticate, o non le ho mai sapute".
Se la vita non è quella reale, ma ciò che si ricorda e quindi si racconta, la vita è letteratura.
Essa non ci restituisce le persone: "nessuna di queste parole ce lo può restituire".
Restano solo il mito e il racconto.
Un racconto breve, ma di grande spessore, sia filosofico che letterario.
Lo stile è molto efficace, costruito intorno a una sintassi elaborata, ma chiara, che rende la lettura piacevole ed agevole.