Grossman ha perso un figlio, ucciso durante la leva militare.
È una ferita così immensa che si sente " mutilato della memoria ....
prigioniero di una celletta remota nel penitenziario del mio spirito", come se " la mia vita assomigliasse a qualcosa mai accaduto".
Ed allora sente il bisogno di creare un racconto.
" Quella cosa figlia di puttana che è successa a me e a mio figlio,sì, devo amalgamarla in un racconto, devo.
Con una trama, e immaginazione ! E visioni e libertà e sogni ! Che bruci ! Una pentola in ebollizione ! ....
se non scriverò non potrò capire nemmeno chi è lui ora, mio figlio, intendo " Grossman immagina un villaggio, dove tutti hanno perso un figlio, ma non possono esprimere pienamente la disperazione per ordine del duca, ossia del potere: " indifferente, lento, fiacco, non cʼè dubbio: un duca esemplare".
Lo scriba ha il compito di spiare gli abitanti per controllare eventuali trasgressioni del divieto.
Svolge in qualche modo la funzione del narratore esterno.
Trascrive le voci dei genitori in lutto, i quali, come in un coro della tragedia greca, gridano, in un canto funereo, dolce e irato ad un tempo, la propria storia e il proprio desiderio di riavere il figlio.
Il loro canto esprime tutta la nostalgia e lʼangoscia di un rapporto tra genitore e figlio, che si interrotto bruscamente: il tenero ricordo della nascita e di quando era bambino, il rimorso di non essere stato un bravo padre, di non essergli stato vicino, il desiderio di sentire, almeno per unʼultima volta, il suo odore, toccare la sua pelle, abbracciarlo.
" E allʼimprovviso, dentro di noi, sale il vapore del suo corpo intero, intatto e per un istante possiamo immaginare, è qui".
La fissità del dolore potrebbe durare in eterno, ma viene rotta da un uomo, che decide di incamminarsi verso " laggiù", laddove pensa sia il figlio.
Lʼatto disperato dellʼuomo mette in moto anche gli altri abitanti.
Come in una processione sacra, camminano verso quel luogo misterioso che è lʼaldilà.
La loro marcia si ferma davanti ad un muro, dinanzi al quale cadono in ginocchio " e ognuno di loro, e ognuno di noi, chiama per nome in un sussurro il proprio figlio" Ed allora Grossman capisce che suo figlio è morto:" riconosco la verità di queste parole.
È morto, è morto, ma la sua morte non è morta".
La memoria si distacca dal dolore e, per quanto è possibile, ricordiamo senza soffrire.
Ma allora il racconto, come la ritualizzazione del lutto, permette di allontanare il figlio: " è solo che il cuore mi si spezza, tesoro mio, al pensiero che io abbia potuto trovare per tutto queste parole".
Il libro è una commistione tra prosa e poema.
In prosa sono le annotazioni dello scriba e le riflessioni del Centauro, metà scrittore e metà scrivania, che rappresenta certamente lʼautore.
La struttura in versi è utilizzata per il coro, che svolge due funzioni: riportare i dialoghi tra i diversi personaggi, i quali, più che parlare tra loro, comunicano con il figlio perduto: dare voce collettiva ai " viandanti", ossia al gruppo che si dirige alla ricerca dei figli defunti, nellʼaldilà.
La forma narrativa è quella tipica della tragedia greca, con la differenza significativa che non si assiste ad uno svolgimento della storia, con un momento finale di effettiva catarsi.
Non cʼè drammaticità nella trama complessiva, non cʼè di fatto una storia.
Dʼaltra parte, il racconto è introspettivo, tutto allʼinterno della coscienza dellʼautore.
Il contesto è kafkiano, surreale, non tragico.
Si tratta di un percorso interiore nel quale i personaggi non sono altro che momenti della disperazione di Grossman, della sua angoscia e del suo disperato tentativo di accettare la morte del figlio.
La mancanza di una trama narrativa fa prevalere il particolare rispetto al mondo complessivo del racconto.
La narrazione si trasforma in frammenti poetici, suggestivi di per sé, ma isolati e dispersivi, in un contesto narrativo privo di svolgimento.
Il lettore deve quindi farsi avvincere dal fascino delle singole parole e frasi.
Si pensi al seguente periodo: " come nel momento in cui un neonato irrompe dallʼutero e dal corpo della madre, la morte di mio figlio mi ha trasformato nel padre che non sono mai stato, mi ha trafitto con uno squarcio e una ferita e un senso di vuoto, colmandomi altresì della sua presenza che da allora mi sommerge con unʼintensità mai vista.La sua morte mi ha reso capace di concepirlo.
La sua morte mi ha reso un guscio vuoto di padre e anche di madre.La sua morte mi porta a scoprire un seno a chi non lo succhierà mai, e sulle pareti del mio utero, creatosi quel giorno, incide con le unghie di un prigioniero fuggitivo la conta dei giorni trascorsi senza di lui.
Così, con uno scalpello trasparente, la sua morte ha scavato in me una consapevolezza: chi perde un figlio è immancabilmente donna".
Perché non leggerlo ? Troppe suggestioni allʼinterno di una storia priva di ritmo narrativo.
Alla fine è noioso.