Tra i migliori che ho letto!
ma non lo rileggerei

Cinque romanzi brevi

scritto da Ginzburg Natalia
  • Pubblicato nel 1964
  • Edito da Einaudi
  • 407 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 23 dicembre 2012

Il libro comprende cinque romanzi ( La strada che va in città, È stato così, Valentino, Sagittario e Le voci della sera) e quattro racconti ( Unʼassenza, Casa al mare, Mio marito, La madre).
Scritti in un periodo di trentʼanni, dal 1933 al 1961, rispecchiano lʼevoluzione letteraria ed esistenziale dellʼautrice, dalla giovinezza alla piena maturità.
Come dice la stessa scrittrice nella prefazione del 1964, si è dinanzi ad una ricerca stilistica con la quale lo sforzo " di scrivere non più per caso ....
fingendo di sapere ", ha portato a scoprire " che il pericolo dʼessere casuale lo correvo lo stesso.
Perché non si trattava di un vizio dellʼadolescenza, ma piuttosto dʼun vizio del mio spirito ..
ero abile nel fingere di amare quello che mi era in verità indifferente".
Tuttavia, questa annotazione del 1964 sembra essere, a sua volta, una finzione, perché in tutti gli scritti di questa raccolta emerge un tale male di vivere, un così forte pessimismo della situazione femminile, che sarebbe sconcertante che queste condizioni esistenziali fossero una simulazione, un " tirare a indovinare".
Ed infatti la raccolta testimonia anche di un percorso di vita, dalla consapevolezza dellʼinfelicità allʼindifferenza.
Limitandosi ai tre romanzi principali, nel primo ( La strada che va in città, 1941) la protagonista è una adolescente, che abita in campagna, insieme con i fratelli e il cugino Nini.
La città è un luogo dove andare per fuggire da una vita monotona e conoscere lʼamore.
La ragazza è corteggiata da Giulio, ma è in fondo innamorata del cugino Nini.
Lʼadolescenza termina bruscamente quando la protagonista scopre di essere incinta di un bambino di Giulio e, pur sapendo di non amarlo, accetta di sposarlo.
Ma vorrebbe ritornare a prima, quando poteva " scappare ogni giorno in città, e cercare del Nini e vedere se era innamorato di me, e andare anche con Giulio in pineta ma senza doverlo sposare.
Eppure tutto questo era finito e non poteva più ricominciare".
Con la stessa passiva rassegnazione accetta la notizia del suicidio di Nini e con il tempo " diventava sempre più difficile pensare a lui".
Il secondo romanzo ( È stato così, 1947) è il più sconcertante.
Si apre con la protagonista che uccide il marito con un colpo di pistola.
Segue il racconto di come si arrivati a questo omicidio.
Giovane maestra conosce Alberto, un uomo più anziano, non bello ma interessante.
" Mi chiedevo se lui era innamorato di me e se io ero innamorata di lui e non capivo più niente.
Non mi diceva mai parole dʼamore e anchʼio certo non gli parlavo di questo".
Eppure lo sposa per scoprire che il marito ha una amante da molti anni e spesso si allontana con lei per lunghi periodi.
La protagonista accetta questa vita " perché non ero mai stata capace di vivere e adesso certo era troppo tardi per imparare", ma la morte della figlia avuta dal matrimonio e la reazione fredda del marito scatenano la disperazione troppe volte repressa.
Non può più vivere con questʼuomo né potrà conoscere altri uomini ed allora " gli ho sparato negli occhi".
Nelle annotazioni del 1964 a questo romanzo, dedicato al marito, Ginzburg sembra quasi sminuirne lʼimpatto drammatico dicendo che " il colpo di pistola è nato dal caso", poteva anche non esserci, anche se è proprio lʼomicidio a dare il senso al racconto.
La scrittrice vuole rifiutare una profonda ed intima infelicità fingendo di scrivere per caso ? E poi perché dedicare al marito uno scritto nel quale si sentono così forti il rancore e la delusione ? Nel terzo romanzo ( Le voci della sera 1961), il racconto abbandona, almeno apparentemente, i temi del dolore e della infelicità per scivolare verso le problematiche dellʼindifferenza e dellʼincomunicabilità.
La protagonista narra la sagra familiare dei Balotta e della loro progressiva dissolvenza.
I vari componenti di una stirpe un tempo vigorosa perseguono stancamente progetti imprenditoriali mai realizzati e stringono grigi matrimoni infelici.
Anche la protagonista ha una relazione con uno dei rampolli, ma di nascosto come due amanti.
Quando si decidono ad uscire allo scoperto, per sposarsi, smettono di parlarsi e di cercarsi, perché " si è sciupato tutto ...
perché abbiamo cominciato a sotterrare i nostri pensieri, bene in fondo, bene in fondo dentro di noi.
Poi, quando riprenderemo a parlare, diremo solo delle cose inutili ...
vuol dire essere infelici ma fare in modo di non dirselo, per poter vivere".
Non resta che lʼincomunicabilità, bene espressa dai dialoghi senza senso, di cose banali ed inutili, della madre della protagonista, con i quali si chiude il romanzo.

Fin dagli esordi la scrittura di Ginzburg è asciutta, essenziale ed incisiva, e quindi fortemente innovativa rispetto allo stile ampolloso e ridondante del primo novecento.
Via via che si prosegue nella raccolta, sono evidenti alcuni tentativi di rendere la narrazione più ariosa e descrittiva, ma poi la scrittrice ritorna alla stringatezza: le frasi non sono più, tuttavia, " una scudisciata ed uno schiaffo", come nella Strada che va in città, ma diventano dialoghi serrati, con una forte impronta teatrale, quasi pirandelliana.
È come se lʼautrice abbia tentato di aprirsi per poi ritornare a rinchiudersi in un mondo nel quale è possibile solo la vacua comunicazione.

La narrazione di Natalia Ginzburg sovrasta, invade con la sua " consapevolezza, assoluta, inesorabile e mortale" di una infelicità senza scampo, di una vita che deve aver sopportato un dolore profondo, ben nascosto in un esistenza intellettualmente e socialmente brillante.
È una pena con un profondo connotato femminile.
Le protagoniste, che sono sempre lʼio narrante, sono brutte e banali, incontrano uomini superficiali ed egoisti e la loro stessa maternità è vissuta come un obbligo, un incidente, che spesso si chiude in modo infausto.
La condizione femminile sembra essere una prigione e un destino già segnato, in un ambiente sociale piccolo borghese.

Perché leggerlo ? Sono romanzi molto belli sotto il profilo letterario e sono la testimonianza di una dimensione femminile del dolore.

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