Tra i migliori che ho letto!
e lo rileggerei volentieri

Conversazione in Sicilia

scritto da Vittorini Elio
  • Pubblicato nel 1941
  • Edito da Bompiani
  • 221 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 09 dicembre 2005

Un giovane operaio vive un sentimento di profonda insoddisfazione per la propria vita: "la quiete della non speranza.
Credere il genere umano perduto e non avere voglia di fare qualche cosa in contrario, voglia di perdermi, per esempio, con lui".
Questa insoddisfazione ("questi astratti furori") è un fatto intimo, ma anche una coscienza del dolore cosmico.
Il giovane cerca di uscirne con un viaggio, che possa costituire un ritorno alla propria infanzia e nel contempo un approfondimento di se stesso, una riflessione sui valori e le idee prevalenti nella società.
Il viaggio è articolato in diversi momenti topici: le conoscenze in treno, dove le persone sono archetipi di ruoli sociali, l’arrivo nel paese, il colloquio con la madre, il giro con la madre presso le case del paese per effettuare le iniezioni, l’incontro con l’arrotino e la sbornia nell’osteria, il fratello morto in guerra e infine "la sintesi" dell’intero romanzo presso il monumento in bronzo del paese.
Lo sviluppo dei temi, i frequenti cambiamenti nello stile e nel ritmo narrativo (talvolta cinematografico, in altri momenti lirico e suggestivo, ricco di simbolismi e allegorie) rendono estremamente difficile fornire unʼinterpretazione univoca, come dimostrato dalla rassegna della critica, dove ciascuno degli autori sembra commentare un romanzo differente da quello letto dagli altri.
Esistono senza dubbio diverse chiavi interpretative: rapporto con i genitori e con la terra di origine, descrizione di una crisi di valori che non trova risposta nelle forze politiche e sociali (impersonate nell’arrotino, nel tappezziere e nell’oste) , disperazione esistenziale, che non viene risolta dal ritorno nel grembo materno, ricerca stilistica di un approccio cinematografico alla scrittura.
È probabile che il romanzo sia un po’ di tutto questo, tanto da configurarsi come un sistema aperto e dinamico, che non può essere richiuso in unʼunica interpretazione.
A me piace pensare che la vera chiave interpretativa del romanzo sia il contesto, quella Sicilia, "una piccola Sicilia ammonticchiata, di nespoli e tegole, di buchi nella roccia, di terra nera, di capre, con musica di rampogne, che si allontanava dietro di noi, e diventava nuvola e neve, in alto".
Quell’ambiente che inquadra il ritmo continuo della vita ("il giro delle iniezioni"), della malattia e della morte, che rendono tutti gli uomini simili e uguali di fronte al dolore e a un destino comune.
"Era notte, sulla Sicilia e la calma terra: l’offeso mondo era coperto di oscurità, gli uomini avevano lumi accanto chiusi con loro nelle stanze, e i morti, tutti gli uccisi, si erano alzati a sedere nelle tombe, meditavano.
Io pensai, e la grande notte fu in me notte su notte.
Quei lumi in basso, in alto, e quel freddo nell’oscurità, quel ghiaccio di stella in cielo, non erano una notte sola, erano infinite; e io pensai alle notti di mio nonno, le notti di mio padre, e le notti di Noè; le notti dell’uomo, ignudo nel vino e inerme, umiliato, meno uomo di un fanciullo o d’un morto".
E allora il vero tema è, forse, l’identificazione e il senso di appartenenza a una dimensione collettiva, costituita dal genere umano.
Il personaggio centrale è quello del Gran Lombardo, che sente ed esprime una volontà di grandi doveri, di fare qualche cosa per l’umanità.
Ma non si sa cosa fare e quindi l’operaio conclude: "non piango in me.
Non piango in questo mondo.
..
E uscì dalla casa, in punta di piedi".
Il romanzo presenta delle pagine molto suggestive e raggiunge il suo culmine stilistico e narrativo nel "giro delle iniezioni" e più in generale nella prima parte: il viaggio in treno e l’arrivo al paese.
In altri momenti prevale un approccio intellettualistico, che porta anche alla frammentazione della narrazione rendendola talvolta ridondante e prolissa.

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