Gradimento Medio
e non lo rileggerei

Educazione siberiana

scritto da Lilin Nicolai
  • Pubblicato nel 2009
  • Edito da Einaudi
  • 343 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 08 febbraio 2013

Nicolai Lilin viene dalla Transnistria ( terra di nessuno tra la Moldavia e lʼUcraina) e scrive in italiano.
Appartiene a quegli autori dellʼimmigrazione, che stanno dando un contributo significativo al rinnovo della nostra letteratura, spesso così esangue.
Ed infatti il romanzo trasborda di energia, di una vitalità e di una brutalità a stento controllate dai canoni e dai percorsi educativi che si generano allʼinterno delle comunità di appartenenza, al di là e al di fuori dello Stato.
Il racconto si apre con alcune pagine, intense e sconvolgenti.
Siamo in Cecenia e i soldati russi sono sfiniti: " andavamo avanti come le onde dellʼacqua ....
combattevamo sempre, sempre".
E proprio laddove massimo dovrebbe essere il rispetto delle regole e della gerarchia, un soldato, " appena il capitano gli ha girato la schiena ...
facendo una faccia strafottente ha sparato al prigioniero in testa e sul petto.
Aveva sonno ed era stanco, come tutti noi".
Seguono due lunghi capitoli, " il Cappello e il Coltello" e " Quando la pelle parla", nei quali lʼautore descrive, con puntiglio antropologico, le norme di convivenza e le modalità di comunicazione della comunità criminale siberiana, che fu costretta a trasferirsi dalla Siberia alla Transnistria.
Traspare con forza la nostalgia di un mondo, reale o semplicemente vagheggiato: " sapevo con certezza che stavo vivendo la morte della nostra società e quindi cercavo di sopravvivere, passando attraverso questo grande vortice di anime, storie umane, da cui mi allontanavo ogni giorno sempre di più".
Ad una narrazione che dà ancora sicurezza ( così come in un territorio governato dalla mafia ci si sente salvaguardati per quanto riguarda la piccola criminalità) seguono due capitoli nei quali lo scontro tra bande diviene pura violenza.
In " Il giorno del mio compleanno", il protagonista, insieme con un amico, deve portare un messaggio ad un esponente di unʼaltra comunità criminale.
È una semplice ambasciata, ma si traduce in scontri, combattimenti, tranelli, il tutto in un ambiente urbano degradato e abbandonato a sé stesso.
E laddove ci sono coercizione, promiscuità e corruzione, come nel " Carcere Minorile", la violenza diviene sopraffazione morale, fisica e sessuale.
Dallʼavvio del successivo capitolo ( quello decisivo per la formazione del protagonista) ci si aspetterebbe una nota di speranza, e forse di amore.
Ksjusa è una fragile ragazza autistica, protetta dalla comunità siberiana in quanto donna e perché disabile.
Ma subisce uno stupro di gruppo ed allora inizia la caccia ai violentatori: una lunga corsa per tutti i quartieri della città sino alla vendetta, inesorabile e sanguinolenta.
Ma per il giovane protagonista è " impossibile sentire la pace.
Era giusto punirli per quello che hanno fatto, però punendoli non abbiamo aiutato Ksjusa.
Quello che mi tortura ancora è il suo dolore, contro il quale tutta la nostra giustizia è stata inutile".
Lʼepilogo è " una caduta libera".
Sembra che il protagonista sia riuscito a crearsi un futuro diverso, fuori dalla comunità criminale.
Quando, arruolato a forza nellʼesercito russo, si trova risucchiato in una nuova spirale di violenza.
Ma allora ciò che veramente serve nella vita è lʼeducazione siberiana.

Non è chiaro quanto il romanzo sia autobiografico e quanto invece pura invenzione.
Alcune battaglie tra le bande ricordano quelle narrate da altri autori russi contemporanei, come Elizarov di Il bibliotecario, così come le violenze sessuali nel carcere minorile rispondono a luoghi comuni sulla vita delle prigioni ed alcune descrizioni in questo contesto sono decisamente pornografiche ed esagerate.
Ma che sia realtà o fantasia poco conta.
Il messaggio è chiaro: la frammentazione della società moderna, le cui regole di convivenza sembrano radicarsi sempre più nelle comunità familiari e nelle logiche di clan piuttosto che nelle istituzioni statuali.
In questa discesa verso un mondo medioevale ci sono rari momenti di serenità: il rapporto con la natura ( le scene di pesca sono le più suggestive), le amicizie tra i coetanei, il rapporto con la saggezza dei vecchi, il rispetto delle regole e dei rituali.
È un mondo anti illuministico che si chiude in sé stesso.

La descrizione minuziosa delle regole e delle diverse comunità criminali, la ripetitività degli episodi, alla fine scontati, la carenza nel ritmo narrativo e nellʼapprofondimento dei personaggi, in fondo stereotipi e spesso simili, sono tutti fattori che rendono noiosa la lettura.
Si arriva a fatica alla conclusione del romanzo.

Perché leggerlo ? Stimola la riflessione sulla società moderna ma non avvince.

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