Il poema racconta il viaggio di Enea verso lʼ Italia e la guerra che dovette affrontare " per poter fondare la sua città e introdurre nel Lazio i Penati, dando origine alla stirpe latina, ai padri albani e alle mura eccelse di Roma" ( libro primo).
Il poema si divide in due parti.
La prima, che parla della peregrinazione sino allʼarrivo sulle coste laziali, riprende la struttura dellʼOdissea, mentre la seconda, che narra dello scontro con i Latini, ha come riferimento lʼIliade.
Il poema è molto complesso, in quanto esistono diverse chiavi di lettura, che coesistono sovrapponendosi.
Innanzitutto lʼEneide è il canto di un destino già scritto: porre le basi per lʼedificazione di Roma.
A questo disegno devono sottostare tutti, sia gli uomini che gli dei.
A differenza di quanto avviene nei poemi omerici, la dinamica che si sviluppa tra gli dei, ed in particolare lo scontro tra Giunone, nemica di Enea, e Venere, madre protettiva dellʼeroe, è solo apparente.
Nellʼultimo libro, il dodicesimo, Giove si rivolge a Giunone: " quale sarà la fine, sposa mia ? che resta ? Sai bene, e devi sapere, che nume tutelare della patria, Enea al cielo è dovuto e dai fati elevato alle stelle.
Che vuoi ? Con quale speranza ti aggrappi alle gelide nubi ?" LʼEneide è il poema della storia dellʼumanità ( in termini filosofici potremo dire dellʼEssere che si fa nella storia) e non degli individui.
Al di sotto della provvidenza, la vita freme, tuttavia, e vuole uscire allo scoperto.
A rompere gli schemi sono soprattutto le figure femminili.
Didone, le donne troiane che rifiutano di continuare il viaggio, Amata, madre di Levinia, la sposa destinata ad Enea, Camilla, la donna guerriera, e Giuturna, sorella di Turno, il nemico che deve soccombere.
Sono donne che rifiutano il destino con un furore che cresce e si diffonde attraverso una progressiva perdita di controllo sino allʼautodistruzione.
La furia di Amata viene descritta da Virgilio con la celebre metafora della trottola ( " come, scagliata da una frusta, scorazza una trottola" nel libro settimo), mentre le grida di Didone urlano il tradimento dellʼamore e della fiducia: " speravi dunque di poter nascondere il misfatto, maledetto, e allontanarti senza cenno dalle mie terre ? Non valgono lʼamor mio o la mano che un giorno ti diedi a trattenerti ? O Didone, che di una fine atroce morirà ?".
( libro quarto); e Giuturna, che, riconoscendo la sua impotenza a salvare il fratello, chiede di morire, lei immortale: " ma quale mai bene dolce mi sarà, fratello, senza di te ? Vʼé voragine tanto profonda che per me possa aprirsi, sommergendo una dea nei mortali abissi ? Detto questo, tra lunghi gemiti, sʼavvolse il capo nel ceruleo mantello e in fondo al fiume si nascose".( libro dodicesimo).
Enea stesso, talvolta, esce dal suo ruolo, di eroe ubbidiente al dovere, per mostrare di avere una individualità sua propria.
Quando Vulcano gli regala una splendida armatura, già ornata delle future imprese di Roma, Enea si comporta, finalmente, come qualsiasi essere umano: " tutto ciò ammira Enea nello scudo di Vulcano, donato da sua madre e, ignaro degli eventi, si bea delle immagini, sollevando sulle spalle la gloria e i fati della stirpe" ( libro ottavo).
Un altro tema importante, e particolarmente moderno, è la guerra.
Virgilio, a differenza di quanto avviene nellʼIliade, si sofferma sulla crudeltà della guerra anche mediante una descrizione minuziosa degli effetti sui corpi dei colpi impressi dai guerrieri.
Ma ciò che interessante è che la guerra viene spiegata come la conseguenza della debolezza del re Latino, che, pur consapevole dellʼesigenza di allearsi con Enea, accogliendolo come genero, si ritrae in disparte lasciando che gli eventi vadano per conto proprio.
" Travolti dalla tempesta, in balìa del destino ahimè siamo.
Di tutto ciò con sacrilego sangue, esclama, voi, voi, sciagurati, pagherete il fio.
Per me si approssima la quiete: in vista dellʼultimo porto di tutto mi spoglierà una felice morte.
Altro non disse, si chiuse nel palazzo e degli eventi abbandonò le redini".
( libro ottavo).
La guerra è sempre dovuta alla debolezza di chi vuole la pace ma non sa opporsi.
La prima chiave di lettura, quella della realizzazione di un destino già segnato, è così dominante da rendere spesso pesante e noiosa la lettura.La traduzione di Mario Ramous è splendida, così come è molto interessante il commento di Gianluigi Baldo.
Perché leggerlo ? Vale la pena per il profilo delle figure femminile e per alcuni episodi, apparentemente marginali, come lʼamicizia eroica di Niso ed Eurìalo.