Sconsiglio vivamente
e non lo rileggerei

Probabilmente mi sono persa

scritto da Salar Sara
  • Pubblicato nel 2008
  • Edito da Ponte 33
  • 116 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 24 marzo 2017

La protagonista è una giovane donna: vive a Tehran con un bambino, è separata, è in cura da uno psicologo, ha una amica: Gandom.
La storia si sviluppa nellʼarco di poche ore.
Si è svegliata confusa allo squillo del telefono dellʼex marito, si ritrova piena di lividi e con un occhio contuso (è stata picchiata ?), si ricorda a mala pena di aver mandato il bambino allʼasilo con il taxi; inizia subito un dialogo immaginario con Gandom.
"Perché non le ho mai detto che a volte i sogni accompagnati dalle paure, dalle ansie e dalle preoccupazioni sono più belli della realtà e, a volte, addirittura più reali della realtà ..." Erano amiche dʼinfanzia, sono cresciute nella stessa città di provincia e insieme lʼhanno lasciata per andare a studiare a Tehran, si sono innamorate dello stesso uomo, ma poi la protagonista ha sposato quello prescelto dalla famiglia.
Esce di casa, il traffico è intenso e rumoroso, la radio invade lʼabitacolo dellʼauto con messaggi pubblicitari, notizie infarcite di propaganda politica, richiami religiosi: "Cick, Cick, Cick ...il cioccolato per grandi e piccini, (...) I problemi economici sono un complotto del nemico, (...) Le donne e gli uomini sono essenzialmente diversi.
Se una donna devia dalla strada della purezza, provoca il disonore del marito ma se lʼuomo..., (...) Quando deve nascere un bambino, viene un angelo da parte di Dio (...).
Lʼangelo lo spinge in questo mondo e se ne prende cura per tutta la vita ..." Continua a parlare con Gandom, così veniamo sapere che le sono morti il padre e i fratelli, è cresciuta in una famiglia rovinata dai debiti, con una madre fredda e severa.
"Da quando, da quando mi sono coperta con questo chador nero e pesante ?(...) Forse ho lasciato qualcosa in un qualche posto, nel passato.
(...) Ah, se fosse possibile con un solo respiro profondo inghiottire il passato e mandarlo giù per sempre...." Ben diversa è Gandom, piena di vita, gioiosa, sicura, con un padre affettuoso, una nonna gentile e tanti soldi da spendere nello shopping.
Sono inseparabili, con lʼamica sempre pronta ad affermare la propria superiorità, conoscendola meglio di quanto lei stessa si conosca.
"Gandom mi doveva umiliare sempre, sia quando mi rinfacciava le mie paure, sia quando non me le rinfacciava.
Tutta la mia vita è andata in merda con questa persona, una persona che sembrava sapesse tutto di me, come se conoscesse i miei angoli nascosti, come se fosse più vicina a me di me ...
tutta la mia vita...
mi viene da ridere ...".
Non la vede da molti anni, la deve trovare perché non può vivere senza di lei, la cerca presso lʼuomo che entrambe hanno amato.
"Ho trentacinque anni.
Domani porterò Samiar allʼasilo e, quando uscirò dal portone, vedrò una donna di trentacinque anni ferma lì, in piedi, che mi fissa sorridendo.
Questa volta, dopo tutti questi anni, la riconosco, con quegli occhi lucenti neri, con quella pelle liscia, ambrata, con tutti quei capelli che fuoriescono qui e là dal foulard e le incorniciano il viso...
con quel sorriso che le fa venire due fossette sul viso...
le vado incontro e le stringo forte le mani nelle mie.
Dice: come sono calde.
Vorrei dirle che non sono le mie mani che sono calde...
non dico nulla...
soltanto le stringo forte nelle mie e sorrido ...
dopo tutti questi anni, so che anche a me, quando sorrido, vengono le fossette sul viso".

È la storia di una scissione della personalità.
Oppressa dagli incubi del passato, ai quali ha tentato invano di sfuggire trasferendosi nella grande città, per ritrovarsi ancora più sola e disperata, la protagonista è scivolata nella schizofrenia.
"Misi la mano sulla sua.
Il suo essere sempre presente era meglio del suo non esserci.
La sua presenza, con tutta la sofferenza che mi provocava, e forse con tutta la sofferenza che mi provocavo...(...) È come se mi fossi persa anni fa, persa in quel cielo pieno di stelle di Zahedan".
Per ritrovare sé stessa dovrebbe tornare allʼinfanzia, molti indietro nel passato, e non è possibile.
La salverà lʼamore materno ? "Piango...
Piango a voce alta, (...) Samiar mi accarezza i capelli e io sprofondo nel suo abbraccio...
".

Il racconto è costruito su diversi livelli: la vicenda reale, insignificante; i dialoghi serrati con Gandom, ovviamente dei soliloqui; le visite dallo psicologo, brevi ed inutili ai fini della comprensione della protagonista; e lʼIran contemporaneo, tra modernità e Islam tradizionalista.
Ne deriva una narrazione frammentaria e confusa, anche per lʼuso esasperato dei punti di sospensione, vorrebbero dare il senso del flusso della coscienza, in realtà è un banale espediente letterario per non approfondire il dramma esistenziale della protagonista.
Si resta perplessi, si rimane insoddisfatti, con lʼimpressione di un racconto superficiale, artefatto, intellettualistico, e non realmente vissuto.

Perché non leggerlo ? Inconcludente e inutile.

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