Tra i migliori che ho letto!
e lo rileggerei volentieri

The brotherhood of the grape

scritto da Fante John
  • Pubblicato nel 1977
  • Edito da Black Sparrow Press
  • 178 pagine
  • Letto in Inglese
  • Finito di leggere il 10 luglio 2005

Henry Molise è figlio di un padre tirannico e ubriacone.
Chiamato dai fratelli perché sembra che i genitori vogliano divorziare, dopo un’ennesima prepotenza del padre, Henry si trova coinvolto ad aiutare proprio il padre a costruire un piccolo magazzino in pietra, presso un motel fuori città.
Durante il viaggio in compagnia dei vecchi amici del padre e lavorando insieme, Henry riscopre con orrore la propria matrice familiare e l’affetto per il padre.
Il magazzino, appena finito, viene distrutto da una tempesta di vento dimostrando chiaramente come il vecchio padre, un tempo famoso e abile artigiano, non sia più in grado, fisicamente e intellettualmente di compiere un lavoro, anche se semplice.
A questo punto, la storia precipita: il padre si sente male, viene ricoverato e quindi fugge dall’ospedale per morire presso un vecchio amico, che ha un vigneto e produce un ottimo vino.
I fili conduttori del libro sono fondamentalmente due:il contesto familiare, dal quale Henry ha cercato di fuggire per poi riscoprire con questo ritorno a casa di farne parte in modo indelebile.
Il contesto familiare non è solo composto dai personaggi (la madre, i fratelli, gli amici del padre e i frequentatori del bar, i vicini che sopportano le intemperanze del padre), ma ne fanno parte anche gli oggetti (innanzitutto, il vino e la cucina) e i ricordi di un’infanzia, fortemente plasmata dall’origine italiana.
"La fratellanza dell’uva" è l’ambiente di una serie di relazioni primordiali, che creano legami profondi tra gli uomini.
È emblematica da questo punto di vista la figura di Angelo Musso, sublime produttore di vino e privo della parola, che costituisce per i partecipanti della fratellanza un "dio greco", che quando Henry viene a prendere il padre per riportarlo in ospedale sentenzia con una saggia fatalità "è meglio morire bevendo che morire di sete" e "è meglio morire tra gli amici che tra i dottori".
È evidente la nostalgia per un tempo antico, nel quale il ritmo della vita e i legami tra gli uomini erano determinati da una saggezza autentica; i rapporti con il padre, che ha condizionato la vita di tutti i figli senza riuscire peraltro a conseguire il desiderio di trasmettere le proprie capacità di artigiano.
Non si tratta tanto dei tradizionali legami, fatti di conflitto e di affetto con la figura paterna; l’oggetto del racconto è soprattutto costituito dall’attività di cavatore e posatore di pietre , che è stata tramandata al padre dai suoi genitori.
I figli rifiutano questa attività, che ha condizionato pesantemente la loro vita.
Il fallimento del padre nella sua ultima opera ne rileva tutta la fragilità e debolezza e riapre quindi il rapporto con il figlio, che riscopre un affetto e un legame con il genitore ma anche con il suo lavoro, che si era perso nel tempo a causa della presunta onnipotenza della figura paterna.
Lo stile ricorda quello dei grandi scrittori americani, come Faulkner e Chandler, ma è basato sull’uso delle parole, sul loro accostamento attento così da esprimere un ritmo poetico e musicale.
Il significato del racconto non emerge tanto dalla trama né dallo studio dei personaggi e dalla descrizione degli ambiente, ma soprattutto dalle sensazioni che emergono dal susseguirsi delle parole e dei suoni.

Altre recensioni che potrebbero interessarti

Ask the dust

Fante John