È il secondo libro della sagra di Bandini.
Mentre il primo libro si sviluppa ancora intorno al tema della famiglia italiana, con uno stile realistico e povero di suggestioni, questo romanzo abbandona di fatto i riferimenti etnici e folcloristici per narrare la maturazione di un ragazzo di diciott’anni, che legge molto e vive soprattutto con l’immaginazione e la fantasia.
Si è in presenza del contesto familiare italiano (la madre e la sorella profondamente religiose, uno zio che si aspetta che il nipote si assuma le sue responsabilità), ma in realtà le vicende di Arturo sono quelle proprie di un ragazzo della sua età, che è costretto a conciliare il lavoro, spesso duro e alienante, con le proprie aspirazioni e i propri sogni.
Il primo tema del libro è la rabbia, il desiderio di rivolta verso una società ingiusta che si esprime spesso in atti di violenza (bellissima la scena di Arturo che fa una strage di granchi credendosi un cavaliere antico), nelle prolusioni contro la religione cattolica e nei riferimenti ai grandi filosofi dell’Ottocento.
Il secondo tema è costituito dal mondo erotico, dalla ricerca di un rapporto con le donne, che passa necessariamente attraverso le riviste pornografiche e la solitudine della propria stanza.
Veramente incredibile dal punto di vista stilistico è il capitolo nel quale l’autore racconta la distruzione delle fotografie delle donne amate da parte di Arturo! L’ultimo tema, e forse il più importante, è costituito dall’immaginazione, dai sogni e dalle fantasie legate alle aspirazioni di Arturo, al suo desiderio di sentirsi un grande scrittore.
Ed è proprio la delusione che deriva dalla lettura del suo primo racconto che spinge Arturo alla fuga dalla famiglia e al viaggio verso Los Angeles e quindi verso la propria indipendenza e maturazione.
Fante abbandona lo stile realistico e freddo, che aveva caratterizzato il primo libro, per avviarsi verso espressioni e costruzioni sintattiche sempre più intense e ricche di suggestioni.
Al significato della parola si aggiungono "segni" sempre più ricchi e sfumati, che sono prodotti dal ritmo, dalla fonetica e dall’uso degli aggettivi, spesso arricchiti da neologismi.