I Nenec sono un popolo di poco più di 40 mila individui, stanziati nella parte nord orientale della regione degli Urali: la loro economia si basa fondamentalmente sull'allevamento delle renne. Come molti giovani Nenec, Aniko è andata a studiare lontana dalla propria terra: prima in un convitto nella città più vicina, poi più distante ancora, a studiare geologia all'Università. Ha assimilato la lingua e la cultura russa tanto da dimenticare le sue origini. Deve tornare dal vecchio padre perché le è giunta la notizia della morte della madre e della sorellina, uccise da un lupo soprannominato Diavolo zoppo. Il ritorno è scandito prima dalla ripugnanza ("quando il padre le era ormai vicino: fece involontariamente un passo indietro: emanava un puzzo di alcol, fumo e sporcizia"), poi si riappropria lentamene della lingua e dei costumi, ed infine sopraggiunge la rimembranza dell'infanzia perduta: "Era calata la sera, insieme alla madre, aveva acceso un fuoco vicino al "cum". Giocava con le sue bambole di pezza che avevano becchi d'uccello al posto della faccia. La mamma era intenta a cucire una nuova jaguska per una delle bambole. Per un istante Aniko credette di rivedere davvero il volto concentrato della madre. Ma trascorso quell'istante, per quanto si sforzasse, non riuscì più a ridisegnare i suoi lineamenti nei ricordi. Erano svaniti, forse per sempre". E' confusa, fino allora "non aveva fatto altro che provare a vivere". Deve accettare l'invito intriso di rimprovero di Aleska, il compagno d'infanzia, a restare per migliorare le condizioni dei Nenec? O deve lasciarsi sommergere dal fascino della tundra e di una società ancestrale, immobile e apparentemente armoniosa? E' ciò che attrae Pavel, un giovane geologo non Nenec, a desiderare di restare per abbandonare "i soliti pensieri ordinari" e "scoprirsi all'improvviso più maturi, sinceri e buoni!" Non sappiamo cosa farà Aniko, lascia la tundra ma tornerà un giorno? Che sarà di lei?
Aniko è un personaggio esile e la sua storia è troppo sfumata per trasmetterci i sentimenti contradditori della ragazza, in bilico tra l'affetto per il padre, solo ormai eppure protetto dal villaggio, e la voglia di essere parte di una società ricca di stimoli culturali e professionali. Estraendo dall'ambiente specifico e se sostituissimo il russo con l'inglese, lo stato di attesa e nostalgia di Aniko è la condizione di molti giovani d'oggi. Ma non era questo lo scopo della scrittrice: legata profondamente alla propria terra, l'autrice ci porta in un mondo di serena concordia dove gli uomini, i cani, le renne e persino i lupi vivono "in una immobilità di gioia inesauribile", come dice Ungaretti parlando della sua città natale, Alessandria d'Egitto. Si pensi alla renna Temujko, che è stata allattata dalla mamma di Aniko e torna sempre sulla tomba della padrona, al cane Buro, il fedele amico del vecchio padre, e come questi accetta con dolorosa rassegnazione l'abbandono della figlia, forse definitivo. E che dire di Diavolo zoppo? La descrizione del lupo, della sua solitudine e del suo rancore, dà inizio all'intero racconto, e impronta di sé alcune della pagine più belle del romanzo. La società dei Nanec pare perfetta, nella sua secolare armonia, ma non è così. Come dice Pavel ad Aniko, "i nenec sono confusi. Esteriormente appaiono calmi. imperturbabili come sempre, ma io so che sono inquieti. Si chiedono come sarà il loro futuro, dove finiranno i loro figli. (...) E se non li aiutiamo adesso..." E se l'intera storia fosse una fiaba, e come una fiaba va bene per tutte le latitudini, pure una metafora della nostra misera Italia, un invito a liberarci dalla passività?
La scrittura è melodiosa e fluida come l'intera storia: dolce e leggiadra, evocativa e naturalistica ad un tempo quando descrive la tundra e i suoi abitanti, sintetica ed efficace nei dialoghi, nell'eterna conversazione tra i Nenec ed invece contratta quando parla Aniko, come a riflettere la sofferenza dinanzi a scelte di vita che deve affrontare, suo malgrado. La trama è debole nel ritmo narrativo (pare che nulla succeda), ma la scrittura è splendida, con assonanze provenienti da altre lingue.
Perché leggerlo? Dolce e leggiadro.