Tra i migliori che ho letto!
ma non lo rileggerei

Muschio bianco

scritto da Nerkagi Anna
  • Pubblicato nel 1996
  • Edito da Utopia
  • 160 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 14 dicembre 2024
Per comprendere questa "gemma" letteraria bisogna tornare a un precedente romanzo dell'autrice: "Aniko" di cui si può leggere la recensione in questo sito. Aniko ha abbandonato il suo popolo, il Nenec, per andare a vivere lontano, e ha lasciato Aleska, compagno d' infanzia, e il padre Petko. Il racconto prende l'avvio dalla decisione della madre di Aleska di fare sposare il figlio. <<Suo marito era morto, (...) e il focolare non si era spento dopo che il padrone se n'era andato. Era rimasto un altro compito da assolvere (...): generare una corrente viva che non si disperdesse e non si prosciugasse come una pozzanghera a primavera, ma seguitasse a scorrere come un fiume dentro agli argini. A ventisei anni suo figlio non era ancora un vero uomo. (...) Bisogna farlo sposare ad ogni costo>>.  Il cuore di Aleska è tuttavia oppresso dall'amore per Aniko. Se da bambino si sentiva <<come un uccellino indifeso con le ali non ancora sviluppate>>, ora è <<un avvoltoio incattivo, offeso. Si sentiva come un uccello rapace che, allargando gli artigli dell'amor proprio, si appoggia al muro sordo della vita senza che nessuno possa comprendere il suo dolore. Di notte sogna Ilne (così è chiamata Aniko nel libro), il suo sorriso seducente, e la possiede. (...) Quando si rende conto che è soltanto un sogno e non la realtà, si sente struggere dalla nostalgia. La nostalgia è come un ragno nero e peloso. Il tocco delle sue zampe avvelena l'anima>>. Il romanzo ci racconta la liberazione di Aleska dall'attesa del ritorno di Aniko, e lo fa in una società, quella Nenec, ormai in dissoluzione ma ancorata ai vecchi valori, alla cocciuta determinazione di salvare la propria cultura. Al centro di questo mondo c'è il focolare, il fuoco sempre acceso, compito e prestigio della donna; a lei compete di dare e allevare i figli, a lei l'onere di conservare e trasmettere la cultura Nenec. Da qui nasce l'enormità, per la vecchia madre e per l'intera comunità, di un uomo che non vuole sposarsi, ostinatamente legato all'amore "lontano". I due piani narrativi, l'uno individuale e l'altro collettivo, si sovrappongono alternando momenti onirici con racconti corali.  Nel sogno, <<Ilne lo fissava e sorrideva. Non era più la stessa Ilne che l'aveva invitato a seguirla. Un sorriso malizioso, ammiccante, che non le aveva mai visto in volto e che per qualche ragione lo infastidiva, non abbandonava le sue labbra. (...) Capì che avrebbe voluto cancellare dal suo volto quel sorriso; (...) il suo era un invito a un gioco d'amore che non era che un inganno>>. Se Aniko si trasforma nella rimembranza dolorosa per poi svanire nel cuore di Aleska, con la cessione delle sue slitte il vecchio Petko dichiara dinanzi alla comunità che Aniko non tornerà mai più; non è necessario conservare la dote, <<dieci slitte abbandonate (...), come orfane, colpevoli di fronte alle persone e alla vita.  (...) Il cum era silenzioso come se fosse immerso nel sonno. Ma il giovane sapeva che, immobili, le due donne (la madre e la giovane sposa) lo attendevano in ginocchio davanti al fuoco. (...) Scostando con un  ampio gesto la tenda dietro le spalle, entrò. Così entra un ragazzo che è diventato un uomo>>.

C'è una protagonista nascosta ed è Aniko. Essa compare all'improvviso, inattesa, con una sorta di dichiarazione d'amore in cui pare che Nerkagi non riesca più a trattenere il proprio "io", in un romanzo in cui il narratore è "onnisciente". <<Amo i vecchi alberi, dice Aniko, (...) li amo per tutte le estati passate, per il mistero della vita che occultano, per il mormorio delle foglie che si può scambiare per un canto o un pianto, una confessione o un racconto. Gli antichi alberi somigliano ai vecchi. E sarebbe bello essere certi che proprio loro siano ancora custodi di quell'Aurea parola della verità, dimenticata chissà quando dagli uomini>>. E poi, in questo racconto apparentemente semplice, come dietro i personaggi della Commedia c'è Dante, ci sono alcune figure dietro alle quali si cela Nerkagi. Certo, una di queste è la madre di Aleska, emblema del caparbio legame alla tradizione; ma c'è un altro personaggio, così lieve da parere inutile nella trama. E' la giovane sposa rifiutata da Aleska, rispettosa del mistero dell'animo del marito. Con una splendida similitudine, così Nerkagi canta la dolorosa e rassegnata condizione di una sposa non accolta: <<il mondo della ragazza era come quella di un fiorellino sbocciato per volontà del destino in fondo a un burrone dove i raggi del sole penetrano solo di primo mattino e le pietre, ostili, trasudano freddo. Coperte di un viscido muschio, emanano un forte fetore e invidiano la bellezza e la dolcezza dei petali del fiore, ignorando la luce che la sua corolla irradia nell'oscurità>>. Sono rimasta in silenzio per troppi anni, confessa l'autrice, e ora è tempo che il muschio diventi bianco.

Lo stile è un dolce fluire di parole, a volte elegiaco e in altre lirico, ricco di similitudini tratte dall'ambiente naturale, dagli alberi e dagli animali; una natura in apparenza immobile che contrasta con i cambiamenti del mondo dei Nenec e con gli enigmi dell'animo umano. Tanta è la soavità della scrittura che nel lettore si compie una sorta di metamorfosi, che permette di misurarsi con il mistero senza decifrarlo.

Perché leggerlo? Fuori dal tempo e dallo spazio è un canto della nostra condizione umana.

Altre recensioni che potrebbero interessarti

Aniko

Nerkagi Anna

Il paese di cuccagna

Serao Matilde