Gradimento Medio-alto
ma non lo rileggerei

Gilgi, una di noi

scritto da Keun Irmgard
  • Pubblicato nel 1931
  • Edito da L' Orma Editore
  • 234 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 02 gennaio 2025

Chi sa se Alba de Cèspedes avesse letto questo romanzo prima di scrivere "Nessuno torna indietro" e "Dalla parte di lei", pubblicati rispettivamente nel 1938 e nel 1948, pochi anni dopo l'uscita in Italia nel 1934 del racconto di Irmgard Keun, fortemente censurato per eliminare le parti più trasgressive (si vedano le recensioni dei libri di de Cèspedes in questo sito). Pur tenendo conto di uno stile completamente differente (elegante e barocco quello della scrittrice italo-cubana, cinematografico e modernissimo quello dell'autrice tedesca) ci sono numerosi aspetti affini. Le giovani collegiali di "Nessuno torna indietro" cercano la propria strada al di fuori degli stereotipi della "bella moglie e amante", così come Gilgi afferma con forza la propria indipendenza da Martin, l'uomo amato, fatuo e manipolatore. << Tutta la tenerezza svanisce dal volto di Gilgi, la sua voce è dura e chiara: le mie cose le sistemo io da sola, (...) non tollero che nessuno si senta responsabile per me, è l'affronto più grande che mi si possa fare, io...>>. Ancora maggiori somiglianze paiono essere quelle con "Dalla parte di lei". Come Gilgi, abbandonata dalla madre biologica, così su Alessandra incombe il suicidio materno, che travolge la sua vita e la spinge alla ricerca di un uomo con cui avere una totale sintonia. E se Alessandra uccide il marito quando comprende che non può essere amata fino in fondo ("Francesco, proruppi disperata, aiutami Francesco"), così Gilgi lascia Martin quando si rende conto che troppa è la distanza tra il mondo esteriore, in cui è precipitata per opera dell'uomo (affidarsi alla giornata in una spensieratezza superficiale) e il suo mondo interiore di ragazza che vuole essere caparbiamente ingranaggio del tutto. Messa di fronte alla miseria che ha trascinato una famiglia al suicidio, Gilgi capisce che << la spensieratezza è diventata un'illusione, (...) che non ci si può nascondere nella collettività, che si è soli. Questo bisogna imparare: bisogna imparare a essere una persona, bisogna imparare che una risata costa mille lacrime, sapere che un'ora di felicità va pagata con mille ore di dolore...>>. E allora non è possibile continuare a vivere con un uomo cui <<tutto il resto diventa assolutamente, profondamente indifferente>>. Bisogna andarsene, riprendere la propria vita. << Lei appartiene alla struttura universale, non è fatta per starsene fuori....ora crede di nuovo profondamente al dovere delle mani giovane e sane....>>.

Ambientata negli anni '30 in Germania, la vicenda di Gilgi aveva evidenti connotati politici e scandalosi, che indussero i nazisti a mettere al rogo l'opera, e ai fascisti di censurarla in molti parti. Con l'occhio di oggi il personaggio di Gilgi pare quello di una tipica e brava impiegata, una sorte di Carla dell'omonimo poema di Elio Pagliarani. Ama la vita ordinata, la graziosa signora Gilgi: si sveglia preso al mattino, fa la doccia fredda per rinforzarsi, fa ginnastica, corre in ufficio (è un'impiegata modello), poi studia le lingue. << Il fatto che le mie pretese, (dice Gilgi ad una amica) non siano mai oltre la mia portata mi rende libera...>>. A sconvolgere una vita laboriosa arriva Martin, uno spensierato ed egoista giramondo. << la fantasia di Gilgi è sempre stata una brava bambina. (...) Ora la brava bambina si sta allontanando un po' troppo, Martin racconta, e Gilgi vede mari, deserti, campagne, quello che vede non è la realtà>>. L'amore la sconvolge e pare assorbirla totalmente. Dopo una descrizione a tratti ironica della vita di Gilgi, come i piccoli trucchi per allontanare le avances del capo, il racconto si sofferma a lungo a descrivere l'infatuazione di Gilgi, fatta di continui avanti e indietro, una sorta di pendolo tra i valori borghesi, di cui la ragazza è infarcita, e la vita trasgressiva che le aspetta con Martin. L'attesa di un bambino non desiderato, l'incontro con un vecchio amico, che ha perso il lavoro ed è ridotto in povertà per i figli arrivati e non voluti, l'evidente superficialità di Martin, attento solo a se stesso e incurante di quanto accade in una Germania devastata dalla miseria, sono tutti elementi che spingono a una scelta fatale in un delirio onirico: prima pensa al suicidio, poi fugge a Berlino, aprendosi a una nuova vita.

Il pregio del romanzo è la scrittura, che potremmo definire cinematografica: i dialoghi rimandano alla sceneggiatura di un film in cui bisogna dare spazio agli attori, le descrizioni sono ricche di immagini potenti, che si imprimono nella fantasia del lettore, e pure i lunghi deliri di Gilgi sono a tratti prolissi ma sempre onirici e di forte impatto. Si pensi all'incontro di Gilgi con la madre biologica, cui la ragazza vuole chiedere dei soldi. Agli occhi di Gilgi la madre ritrovata è una "macchia bianca". << Nella stanza non c'è alcun rumore, solo una penombra pesante e silenziosa e una piccola macchia bianca: il viso della donna da rivista. (...) Sono tutti morti... sono completamente sola, sola sul pianeta...>>. E che dire dell'immagine della partenza per Berlino quando Gilgi vede, o immagina di vedere, <<una piccola arancia rotolata giù dalla banchina, è in mezzo ai binari lisci, dritti e ingegnosi, maldestramente semplice e inadeguata>>: una chiusura onirica a un romanzo unico dal punto di vista stilistico.

Perché leggerlo? E' affascinante la scrittura, a tratti la narrazione è ridondante.

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