Antonia Nevi è una giovane geografa dell'Università di Padova e ha ereditato da suo zio, Ilario Nevi, una casa a Focomorto nel ferrarese, un terreno a Isola di Ariano nel Polesine e un cospicuo gruzzolo di denaro. Siamo nel Delta del Po, un vasto territorio, che, come descrive la stessa Antonia in un suo saggio, il grande fiume <<ha scavato, modificato e nutrito, ma anche terrorizzato e devastato>>, ed è stato definitivamente travolto nel secondo dopoguerra, dalla cementificazione della costa ai prosciugamenti, che hanno lasciato un ambiente lacerato e ampi spazi spopolati. Per Antonia è l'occasione per tornare in un luogo amato dopo dolorose esperienze personali (ha perso due gemelli che portava in grembo) e una relazione sentimentale in crisi; ma è soprattutto un modo per rievocare la memoria dello zio, figura per lei importante. Da chi le è venuta la passione per il Delta del Po se non da Ilario Nevi, che prima ha vissuto questa terra come partigiano, poi ne ha documentato la povertà e la devastazione, e infine vi è andato a rintanarsi nei lunghi anni della vecchiaia? Ilario Nevi <<non aveva mai dimostrato la sua età. A settant'anni sembrava un cinquantenne, a quasi cento gliene avresti dati ottanta. Capelli ancora in discreto numero, fisico asciutto giusto un poco largo ai fianchi, andatura diritta, sguardo attento. Fino all'ultimo impeccabile nel vestire -- sempre in completo, mai visto con indosso una tuta-- e, naturalmente, ben rasato>>. Durante la perlustrazione del terreno avuto in eredità Antonia scopre in un capanno <<statuette e statue di varie dimensioni. (...) Disegni a matita, a carboncino, acquarelli... Tutte repliche della stessa creatura. L'essere era vagamente antropomorfo, le sue posizioni più o meno quelle dell'uomo vitruviano, ma la testa, bianca e priva di collo era quella di un pesce. (...) La pelle del dorso e delle membra era coperta di scaglie dorate, mentre il ventre era bianco, come la testa, e diafano. (...) L'essere aveva branchie, e i quattro arti terminavano con dita palmate e artigli adunchi. Tra le gambe, o quel che erano, si vedevano, ben tratteggiati, ora un pene, ora una vulva, ora entrambi>>. La storia suscita grandi attese: siamo dinanzi a un testimone di un passato in cui la terra e l'acqua convivevano, dando origine a esseri ibridi? Ci aspettiamo che Antonia voglia indagare questo mistero, ricostruendo gli ultimi anni di vita dello zio: anni dedicati all'impegno per la salvaguardia dell'ambiente. Alcune pagine paiono andare in questa direzione; e invece, come succede quando si vuol dire troppo, l'autore ci conduce in una storia partigiana, nelle vicende di Ilario Nevi nella Roma cinematografica degli anni'80, e soprattutto l'Uomo Pesce non è un essere ibrido: banalmente lo zio era una donna, che ha vissuto tutta la vita nascosto/a nelle sembianze di un maschio. Tanta è stata la delusione che ho abbandonato la lettura a pagina 309, seguendo la regola di Daniel Pennac: "un libro ci cade dalle mani? lasciamo che cada" (da "Come un Romanzo" 1993).
Quando sono andato alla presentazione del libro, si era creato un grande polverone. Diverse istituzioni di Ravenna avevano rifiutato la sala allo scrittore; pareva che Wu Ming 1 volesse incolpare le disastrose alluvioni del 2023 e del 2024 alla pessima gestione del territorio (come negarlo?) e quindi alle Amministrazioni regionali e locali. Avevo, anzi, supposto, sbagliando, che con "Gli uomini pesce" si intendesse criticare le bonifiche e prefigurare una riconquista del territorio da parte dell'acqua: tesi, forse irrealistica, ma senza dubbio stimolante. Il romanzo non è niente di questo. Ci scandalizziamo ancora di un "transgender"?
Un altro motivo che mi ha indotto a "far cadere" il libro sono state la scrittura e la struttura narrativa. La prima è spezzettata in frasi brevi, con un ricorso all'uso ormai imperante di periodi senza verbo tra due punti come segni di interpunzione; ma perché non usare il punto e virgola e i due punti? La trama è prolissa e confusa, anche per la sovrapposizione di diverse vicende, che contribuiscono a disperdere il filone principale, che dovrebbe ruotare attorno ad Antonia, il suo amore per il Delta del Po, il suo affetto per lo zio.
Perché non leggerlo? Noioso e prolisso.