Sconsiglio vivamente
e non lo rileggerei

L'anulare

scritto da Ogawa Yoko
  • Pubblicato nel 1994
  • Edito da Corriere della Sera
  • 103 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 11 marzo 2025
Se nell'antico Egitto era praticata l'imbalsamazione per conservare un defunto per l'eternità, la visione scintoista e una certa dose di feticismo portano in Giappone a preservare e custodire oggetti e esseri viventi, importanti nella propria vita. Nel romanzo si parta di un "esemplare" e la tecnica usata è forse simile a quella seguita per la conservazione di reperti liquidi, ricorrendo all'aldeide formica. Comunque il metodo non è spiegato nel libro, forse per lasciare un'atmosfera magica e misteriosa. Questo lungo preambolo è stato necessario per inquadrare la storia. La protagonista è una ragazza che ha abbandonato l'impiego in una fabbrica di bibite dopo un incidente sul lavoro: l'ingranaggio di una macchina le ha asportato la punta dell'anulare, <<un'immagine mi ossessionava; quel pezzetto di carne a forma di conchiglia, rosa come un petalo di ciliegio, tenera come la polpa di un frutto maturo, che cade al rallentatore nella gazzosa ghiacciata per poi restare sul fondo, fluttuando tra le bollicine, (...) avevo perso una parte del mio corpo>>. Va a lavorare in città, in una palazzina semi abbandonata. Qui il signor Deshimaru prepara e custodisce degli esemplari di tutti i tipi. <<Tutto era impeccabile in lui. Il colore della pelle, i capelli, la forma delle orecchie, la lunghezza delle braccia e delle gambe, la linea delle spalle, la voce risultavano perfettamente armoniosi. (...) I raggi del sole avvolgevano il camice bianco disegnandovi intorno un'aureola di luce>>. Un giorno, il signor Deshimaru le mette delle scarpe nuove e le ordina di calzarle sempre; poi la spoglia, lasciandole le scarpe indosso, e fanno all'amore. <<Sbottonò la camicetta con ordine dall'alto e aprì la cerniera lampo della gonna svasata. (...) Alla fine  mi ritrovai nuda. Avevo addosso solo le scarpe nere di pelle. (...) Mi teneva stretta fra le sue grandi braccia-- non in un abbraccio dolce per assaporare la sensazione dei nostri corpi --come se avesse voluto farmi aderire tutto a sé. (...) Ebbi la sensazione di essere stata trasformata in un esemplare incorporato a lui>>. Da qui la storia è un lento scivolamento fino alla domanda inevitabile: <<non potrei affidarmi a te e diventare anch'io uno dei tuoi esemplari? (...) Il liquido conservante doveva essere caldo e tranquillo. Non era freddo e frizzante come la gazzosa. Avrebbe avvolto completamente l'anulare, dalla punta all'angolo fino alle sottilissime linee del polpastrello, mentre il tappo di sughero l'avrebbe preservato dalla polvere e dai rumori esterni>>.

Il racconto è inquietante se lo si vede come una vicenda reale; diviene sostenibile se lo si considera come una metafora della privazione di una parte del corpo. Aver visto staccarsi e disperdersi un piccolo anulare ha creato una ferita profonda nella coscienza della ragazza. E' come se fossimo in un sogno, in cui una sorta di sciamano, tenebroso e lucente a un tempo, attira a sé la ragazza offrendole un mondo protettivo è claustrofobico. Divenire un "esemplare" è un modo per fuggire dalla realtà.

La scrittura è limpida e semplice, ben rispecchia il disorientamento della ragazza; piacevole e fluida, lo stile contribuisce a un senso generale di inverosimiglianza, che neanche l'eccentricità della cultura giapponese può superare. Tutto è in superficie, non esiste approfondimento psicologico in un racconto in cui solo i contorni fisici e gli oggetti sono descritti in dettaglio e acquistano in tal modo una parvenza reale. La storia fluisce troppo lineare.

Perché non leggerlo? E' troppo inverosimile


 


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