Costanza è una madre single di Messina con una laurea in medicina e specializzazione in anatomia patologica. Disoccupata, vince un concorso per un contratto annuale di ricerca presso l'Università di Verona in paleopatologia. "Ignorante come una capra per tutto quel che concerne il Sacro Romano Impero, le Signorie e le mummie precolombiane, (...) la verità è che sono interessata a questa borsa di studio né più né meno come a un bancomat". Il romanzo si presenta come un giallo storico, oggi molto di moda: una ricerca di laboratorio e di archivio portata avanti sulla base di resti umani del 1200 appartenenti ad un cavaliere di rango. In realtà ci sono tre filoni narrativi che male coesistono insieme. Il racconto prevalente riguarda le vicende di una giovane madre: l'inserimento della figlia in una scuola materna di Verona, il senso di colpa verso la bambina, nata da un rapporto occasionale e costretta a crescere senza la figura paterna, la ricerca del padre (un facoltoso architetto di Milano), il quale, una volta rintracciato, riaccende i desideri di Costanza. E' un racconto banale e sorretto da una scrittura infantile: esce dalla monotona ordinarietà solo quando Costanza parla dei sogni erotici, "che non si possono raccontare a nessuno, nemmeno a uno di quegli psicoterapeuti fissati con i messaggi subliminali dell'inconscio". Un po' di coraggio! Cara Costanza non limitarti a dirci che al risveglio sei confusa e sconcertata; comunque ci affideremo a Patrizia Valduga: "in questa maledetta notte oscura/con una tentazione fui assalita/che ancora in cuore la vergogna dura./Io così pudica, così compita,/ vedevo un uomo a me venire piano/e avvolgermi quasi avido la vita;/un altro ne veniva e con la mano/oh delicatamente lui mi apriva;..." (Da La Tentazione 1985). Il secondo filone narrativo è quello più propriamente poliziesco. Partendo da ciocche di capelli rossi Costanza e i suoi colleghi risalgono sino a Biancofiore, figlia di Federico II, vissuta in un monastero francese dove avrebbe estratto dalla rosa un profumo, le cui tracce sono state identificate nei resti umani ritrovati a Verona. Come mai finì in convento una principessa di rango imperiale normalmente destinata ad andare sposa a casate utili ad alleanze? L'autrice immagina che Biancofiore fosse zoppa, per questo inutile a fini matrimoniali, e si fosse inoltre innamorata di un cavaliere di parte guelfa che tradì Federico II e quindi fu assassinato. Con il terzo filone narrativo ci spostiamo nel 1200 alla corte dell'imperatore e poi del signore di Verona: il crudele Ezzelino. Prima si parla di Selvaggia, figlia naturale di Federico II, andata sposa ad Ezzelino, che l'avrebbe assassinata, secondo la leggenda: in realtà morì di parto. Poi si sviluppa la triste storia di Biancofiore, alla fine protagonista del romanzo poliziesco.
Come si mettono insieme i tre filoni narrativi? E' difficile dirlo. Facendo affidamento alla fantasia possiamo dire che Selvaggia e Biancofiore sono un po' simili a Costanza; ancora innamorata del padre ritrovato della figlia, anch'essa deve accettare che lui si sposi con un'altra donna. Le tre ragazze insieme non possono che rassegnarsi al destino accettandolo: "non mostrerò disappunto, Non mostrerò disappunto. Non mostrerò disappunto. (...) Ma dentro mi sento liquefatta. Le mie speranze nascoste, liquefatte. Il piccolo, grande, depauperante innamoramento, liquefatto".
La scrittura è troppo puerile per sostenere un racconto privo di trama e quindi da reggere con uno stile articolato, capace di dare spessore ai personaggi e al contesto.
Perché non leggerlo? E' troppo banale.