Il romanzo è ambientato nel primo Seicento e narra le vicende di un gentiluomo di campagna che, infervorato dalle storie cavalleresche, immagina di essere un cavaliere errante.
Inizia quindi un viaggio nella Mancia con lo scudiero Sancho Panza e due fedeli animali, il cavallo Ronzinante e l’asino.
Il romanzo è articolato in due parti.
Nella prima parte si sviluppano le vicende più incredibili, che nascono dall’immaginazione di Don Chisciotte: un’osteria diventa un castello da espugnare, un gruppo di viandanti dei cavalieri nemici da combattere, un gruppo di carcerati degli sfortunati da liberare, che rapineranno a loro volta Don Chisciotte.
Tutte le vicende si chiudono generalmente in modo infelice: Don Chisciotte e Sancio ne escono picchiati, dileggiati e con le ossa mezze rotte, ma tuttavia Don Chisciotte è sempre convinto che è stato sconfitto da un "incantamento", da una finzione creata ad arte da qualche mago malefico.
La prima parte si chiude con il ritorno di Don Chisciotte a casa, portato in un carretto dentro una gabbia.
La storia del cavaliere errante è intercalata da una serie di episodi, di vere e proprie storie, che sembrano avere come unico filo conduttore la rappresentazione di una realtà ipocrita, dove la forza e la prepotenza predominano.
Questa prima parte si sviluppa intorno alla contrapposizione tra il sogno eroico, quello di Don Chisciotte, e il sogno plebeo, quello di Sancho.
Don Chisciotte vive in un mondo perfetto e si imbatte nella storia e nella realtà; Sancio vive nella storia e l’accetta così com’è: un mondo umano di piccole miserie e di gioie mediocri dove non esistono disillusioni perché non ci sono grandi illusioni.
Nella seconda parte l’autore immagina che siano state già narrate le vicende di Don Chisciotte e quindi le persone, che incontra il cavaliere errante nella sua nuova avventura, si divertono a prendere sul serio Don Chisciotte creando situazioni paradossali e spesso crudeli.
Il romanzo si conclude con il ritorno di Don Chisciotte e con il suo riconoscimento, in punto di morte, che la cavalleria errante è una falsità e che l’unica fede è quella nella religione cattolica.
Questa parte del libro è stata scritta molti anni dopo, e si può senz’altro affermare che Don Chisciotte "muore vivendo", in quanto "la storia ormai lo precede e lo fa ludibrio ridicolo di villani e di servi, di duchi e di banditi".
Il romanzo è l’esaltazione dell’immaginazione.
In un mondo noioso, ipocrita e ingiusto, Don Chisciotte si crea le sue regole, quelle della cavalleria errante, e anche quando le regole non corrispondono alla realtà il fenomeno dell’incantamento permette a Don Chisciotte di continuare a vivere secondo la sua visione del mondo.
Ma è pazzo o lo fa volutamente per poter sopravvivere e comunque divertirsi? Al richiamo di Sancio che non doveva lasciare liberi i carcerati, Don Chisciotte ribatte che "i cavalieri erranti devono aiutare gli oppressi come gente necessitosa, tenendo conto delle loro angosce e non delle loro colpe.
Io mi imbattei in una fila di gente miserabile e disgraziata, e feci con loro quello che mi ordina la mia regola, e per il resto avvenga che può".
Ma qual è questa regola? "Scopo finale è quello di applicare in terra la giustizia distributiva, dando a ciascuno il suo, interpretando e facendo osservare le buone leggi.
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(le armi) hanno per oggetto la pace, che è il maggior bene che gli uomini possono desiderare in questa vita".
Don Chisciotte è quindi pazzo ma a un tempo saggio, la sua figura, ancora centrale, nella prima parte del libro assume sempre più il ruolo di un comprimario dell’altro grande protagonista: Sancho Panza.
Contadino arguto e credulone rappresenta in qualche modo la saggezza contadina, che risolve i problemi con il buon senso.
Il rapporto tra Don Chisciotte e Sancho è una relazione di grande affetto e di profonda stima: lo scudiero è l’unico che crede nel cavaliere e ci crede pur riconoscendo che è pazzo, perché gli vuole bene.
Quando si fa osservare a Sancho Panza che anche lui è pazzo se crede in un pazzo, lo scudiero risponde che in lui predomina la fedeltà a Don Chisciotte e quindi il suo desiderio di stargli vicino e di aiutarlo.
D’altra parte la conversazione con Don Chisciotte è stata per Sancho Panza "il concime caduto sopra la sterile terra del mio arido ingegno, e il tempo passato nel servirla e frequentarla n’è stato la coltivazione.
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rise Don Chisciotte dei discorsi di Sancio pieni di affettazione".
Insieme con Don Chisciotte e Sancho gli altri due protagonisti sono Ronzinante e l’asino: "l’amicizia fra le due bestie fu così stretta, così unica nel suo genere.
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che quando le due bestie si potevano avvicinare badavano a grattarsi l’una con l’altra.
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e Ronzinante incrociava su quello dell’asino il suo lungo collo".
La libertà dell’immaginazione e l’amicizia sono quindi i due temi fondamentali del libro, al quale si aggiunge il gusto dell’avventura, che si esprime non in mondi lontani ma nella stessa Mancia, a pochi chilometri da casa.
La modernità del libro sta proprio in questi temi e nel gioco di specchi (finzione nella finzione), che si sviluppa nella seconda parte, peraltro la meno bella e in molti tratti prolissa e ridondante.