Lʼambiente è la campagna siciliana della seconda metà dellʼottocento.
Rabbàto è una piccola città, in attesa ormai da tempo della pioggia, che ponga fine alla siccità, che sta portando lʼintero paese alla miseria e alla fame.
Il marchese di Roccaverdina è un ricco possidente, che vive come se il mondo fosse immutabile e riconoscesse un suo potere senza limiti, sulle cose e sulle persone.
Da tempo aveva come amante una contadina, Agrippina Solmo.
Per salvare le apparenze, decide di darla sposa al suo fattore con lʼimpegno che il matrimonio non si sarebbe dovuto consumare.
La gelosia lo spinge ad uccidere il fattore e poi ad agire per fare condannare un povero contadino, che morirà in carcere.
Non sente un vero e proprio rimorso di queste infamie ( lʼabbandono dellʼamante, lʼuccisione del fattore e la condanna di un innocente), in quanto, in fondo, sono povera gente e al marchese di Roccaverdina è permesso tutto.
Percepisce, piuttosto, un senso di paura, " la solita apprensione di pericoli appiattiti nellʼombra".
Lʼamante abbandonata e il fattore ucciso " apparivano improvvisamente e allo stesso modo sparivano" ed " egli provava la strana sensazione di camminare su un terreno poco solido, che avrebbe potuto da un momento allʼaltro sprofondarglisi sotto i piedi".
È la viltà la molla che porta il marchese, prima così sicuro di sé stesso e del suo ruolo sociale, a dubitare, a riflettere sulla stessa esistenza di Dio e sulla validità della religione, sugli uomini e su sé stesso.
Invano, cerca di trovare conforto in unʼattività febbrile, gettandosi nella politica, avviando un progetto di sviluppo della lavorazione del vino, sposandosi con una nobildonna locale.
Solo la vista della campagna, bagnata dalla pioggia, gli dà un pò di serenità: " lasciamo, per ora, questo discorso.
Guardate.
Le campagne sembrano un giardino ! Unʼimmensa stesa di verde, di mille toni di verde, dal tenero al cupo che sembrava quasi nero; un trionfo, una follia di vegetazione fin nei terreni più ingrati, che non avevano mai prodotto un filo dʼerba !" Il suicidio di un contadino, al quale aveva tolto la terra con le minacce e le prepotenze, scatena la follia, che porta il marchese alla demenza e poi alla morte.
Nel momento della malattia, solo lʼamante è al suo capezzale ad assisterlo, a dimostrazione di un amore che supera i ruoli sociali.
Ma le apparenze sono più forti degli affetti: la povera donna non può restare al momento del trapasso del marchese ed essa " si lasciò trascinare via, senza opporre resistenza, umile, rassegnata comʼera stata sempre, convinta anche lei che non poteva restare più là, perchè il suo destino aveva voluto così ! "
È un romanzo complesso: da un lato, un contesto sociale rigido e immutabile allʼinterno del quale i protagonisti si muovono secondo schemi predefiniti, dallʼaltro lato la figura del marchese di Roccaverdina, che vorrebbe rompere questi schemi sociali, sia dal punto di vista economico ( nuove colture, modalità di lavorazione moderne, innovazione tecnica, forme associative tra i produttori), che da quello degli affetti e dei sentimenti.
Non ama, il marchese, il suo ambiente sociale, mentre si trova più a suo agio con i contadini, con la vecchia serva che lo ha allevato, con lʼamante, per la quale ha ammazzato.
La follia trova proprio origine nella contraddizione tra la volontà senza limiti, quasi da " superuomo", e lʼincapacità di liberarsi dei condizionamenti culturali e sociali, delle superstizioni e della paura della punizione divina.
Perché leggerlo ? Si legge con piacere e si tratta di un romanzo molto moderno.
La figura del marchese di Roccaverdina è emblematica di un conflitto interiore, tipico della nostra epoca.