Siamo nellʼItalia degli anniʼ30 in piena era fascista.
In un piccolo paese del lago di Como, quattro balordi trascorrono il tempo in osteria e a fare scherzi.
Un giorno, per fare un piacere alla prostituta del villaggio, avvelenano i piccioni che normalmente stazionano nelle piazze e nelle vie.
Uno di questi piccioni viene regalato ad una vecchia signora, che muore avvelenata.
Da questo episodio prendono le mosse tutta una serie di avvenimenti che hanno come protagonista il maresciallo del paese.
Si tratta della classica figura del carabiniere: ligio allʼordine, severo ma nel contempo pragmatico e di buon senso, cerca di risolvere i problemi della gente del paese operando come un " buon padre di famiglia".
Il racconto corre veloce, anche perché aiutato da uno stile brioso ed essenziale, tra vicende un poʼ paradossali, come quella del fratello che si preoccupa che la sorella, magrolina e devota, non sposi un amico dotato di attributi sessuali particolarmente esagerati, e personaggi singolari, come la moglie del podestà, che crede di essere tre persone in una e cambia continuamente personalità.
Lʼatmosfera ricostruita dallʼautore è quella tipica che ci è stata tramandata riguardo allʼItalia fascista: un regime assurdo, non amato ma subìto, ma nello stesso tempo paternalistico e accondiscendente.
Il maggior pregio del libro è che si legge molto bene, ma sia i personaggi che gli ambienti restano superficiali e lontani.
I primi diventano quasi delle macchiette, i secondi (il lago di Como e la vita del villaggio) risultano alla fine irrilevanti .
lʼabile ritmo narrativo non compensa la vacuità dei contenuti.
Perché non leggerlo ? Perché ha senso leggerlo solo in treno, quando si è molto stanchi.