Hans, è un giovane di una famiglia ricca e influente ma che lavora come clown, ed è stato lasciato dalla sua ragazza, Maria.
Fervente cattolica, la giovane non è riuscita più a vivere con Hans, che è molto critico verso la religione e più in generale verso il perbenismo borghese e non sopporta il gruppo di cattolici frequentato da Maria.
Hans si dà al bere e si ritrova a perdere il lavoro, solo nel suo appartamento, a cercare contatti con gli amici, il padre e il fratello.
Riceve solo dei rifiuti e quindi decide di andare per la strada a chiedere l’elemosina suonando una chitarra e cantando inni liturgici.
Il romanzo è fortemente ambientato nella Germania del dopoguerra e, da questo punto di vista, molto datato.
Un tema è tuttavia di carattere universale: il rifiuto di una società ipocrita e falsa, che non accetta la verità e la contestazione delle regole sociali dominanti.
In che modo si può reagire: con il niente.
"Hai tentato di consolarti con lo stantio cinismo di sinistra di Fredebeul: inutilmente.
Inutilmente avrai cercato di arrabbiarti dello stantio cinismo di destra di Blothert.
C’è una bella parola: niente.
Non pensare a niente.
Non al Kanzler o al katholon, pensa al clown che piange nella vasca da bagno, al caffè che gli sgocciola sulle pantofole".
Il tema del niente è il filone conduttore del romanzo e trova origine nella figura di Henriette, la sorella mandata al fronte a morire, la profonda ferita del giovane, il lutto mai ricomposto.
Henriette spesso si estraniava e non pensava a niente e diceva che ciò era meraviglioso.
Così le recite da clown sono un modo per estraniarsi, per vedere il mondo dal punto di vista del niente.
Il tempo passato nella vasca da bagno, l’attesa dello squillo del telefono, la maschera e il vagabondaggio sono tutte modalità con le quali l’autore ricerca il niente e quindi si separa da un mondo, politico-sociale ma anche personale, che egli non accetta e che gli appare mostruoso nella sua vacuità.
Il ritmo narrativo è molto veloce, con un intercalarsi di introspezioni intime e di colloqui, sempre in qualche modo interrotti e deludenti.
Ricorda in qualche modo quello di Javier Marias con la differenza che la vena caustica è molto più forte e non lascia spazio a una dolce e rassicurante ironia.
Il percorso narrativo sembrerebbe condurre a un suicidio del protagonista che ritrova invece conforto e sopravvivenza nella maschera da clown, perché solo mascherati si può vivere in una società dove predomina l’affarismo e il perbenismo.