Gradimento Medio-alto
ma non lo rileggerei

Il cuore delle cose

scritto da Soseki Natsume
  • Pubblicato nel 1914
  • Edito da Neri Pozza Editore
  • 279 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 12 settembre 2023
Il romanzo è ambientato nei primi del Novecento alla fine della Restaurazione o Rinnovamento Meiji: il lungo periodo tra il 1867 e il 1912 che era iniziato con l'affermazione del potere imperiale sullo Shogunato Tokugawa. Questo riferimento storico è opportuno non solo per contestualizzare il racconto, centrato sull'ambiguo e complesso rapporto tra due generazioni, ma per renderlo anche attuale; così come oggi, siamo in una fase di transizione negli assetti politici e sociali così come nelle coscienze e nel modo di sentire. Un giovane studente conosce una persona più anziana, identificata solo con il termine di "maestro". Ne è affascinato; è attratto dai modi taciturni e burberi, dal suo stile di vita solitario, distaccato dalla società e dagli altri esseri umani, dalle sue riflessioni, sempre criptiche, sull'amore, l'onestà, il denaro. In modo ambiguo il maestro esercita sul ragazzo una sorta di ricatto, l'attesa di un tradimento. << Sono un solitario, ma in un certo senso non lo sei anche tu? (...) Tu, incontrando me, probabilmente senti una certa solitudine. Ma perché io non ho la forza di aiutarti a liberartene, tu ora ti rivolgerai in qualche altra direzione e non verrai più da me. (...) Lei può pensare che io possa allontanarmi (risponde il ragazzo). (...) Il maestro pareva non ascoltarmi. Eppure dovrai stare attento, perché nell'amore c'è colpa. Se rimarrai con me, non avrai soddisfazione, ma nemmeno correrai pericoli. >> Pochi indizi fanno intravedere ciò che c'è dietro alla misantropia del maestro: va spesso sulla tomba di un amico, la cui morte avrebbe cambiato il carattere dell'uomo, senza che si voglia spiegare le ragioni e gli antefatti di questo mutamento. Dopo la laurea il ragazzo torna dai genitori, in attesa di trovare un lavoro. Il padre è gravemente malato, ormai è alla fine. << La mia malinconia tendeva a trasformarsi con il trasformarsi del frinire delle cicale, come se il destino che mi avvolgeva si muovesse per gradi dentro un immenso ciclo di diverse esistenze.>> Il ragazzo è combattuto tra l'affetto e il dovere filiale, che vorrebbe che restasse presso il capezzale del padre, e il desiderio di non interrompere il rapporto con il maestro. << Per me, il maestro era una figura in ombra, e non sarei stato contento fino a quando non mi si fosse rivelato del tutto.>> Una lunga lettera, preceduta da insistenti telegrammi, spinge il ragazzo a compiere un atto imperdonabile; abbandona il padre morente per correre a Tokyo dal maestro. Che cosa scrive il maestro in questa sorta di testamento morale? E come se il ragazzo avesse svolto una funzione ermeneutica. << Preferirei vedere il mio passato annullato con la mia vita, piuttosto che offrirlo a qualcuno che non lo desidera. In verità, se non ci fosse stata una persona come te, il mio passato non sarebbe mai stato conosciuto da nessuno, nemmeno indirettamente. Solo a te, dunque, fra milioni di giapponesi, intendo raccontare il mio passato, perché tu sei sincero.>> E' inutile inoltrarsi nella estesa confessione del maestro, che scarica le sue colpe sulle fragili spalle del ragazzo. Possiamo solo dire che si è comportato in modo disonesto, lui che si sentiva pieno di virtù. Ha spinto un amico al suicidio, rendendogli evidenti le contraddizioni tra le aspirazioni spirituali per una vita ascetica e l'attrazione amorosa verso una giovane donna, amata anche dal maestro. << E così, pur desiderando seguire in tutta sincerità la vita dell'onestà, me ne allontanai. Ero uno sciocco, se vuoi, un astuto arrogante. (...) Dentro di me nacque, come in un vortice, la sensazione di aver vinto barando e di essere stato sconfitto come uomo.>>

Nella bella prefazione, dal titolo espressivo "Soseki: la solitudine come arte", Gian Carlo Calza ripercorre la biografia umana e letteraria dell'autore e definisce "Il cuore delle cose" "un resoconto fedele della vita o del destino stesso dell'autore". Se pensiamo come nessuno dei protagonisti del romanzo abbia un nome e che già in un'opera del 1905 ("Io sono un gatto" vedi recensione in questo sito) Soseki avesse giocato sui due personaggi (il gatto narratore e il noioso professore d'inglese) per descrivere le diverse facce della stessa personalità, si può suggerire che il giovane studente, il maestro e l'amico, siano differenti punti d'indagine del carattere dell'autore: il ragazzo rappresenta la fragilità della giovinezza ricca di attese, l'amico suicida sta per la ricerca di ancoraggi spirituali in una fase di transizione, e infine il maestro è Soseki orami disilluso, rinchiuso nell'individualismo e in una visione pessimistica della vita e del Giappone. Se ci distacchiamo dalla biografia dell'autore e ci trasferiamo in modo ardito nell'Italia di oggi, ecco che il rapporto tra il ragazzo e il maestro pare ben qualificare la crisi intergenerazionale che caratterizza il nostro Paese. Noi, "baby boomers", siamo i cattivi maestri che distillano pillole di saggezza, belle frasi retoriche, ma come il maestro di Soseki siamo disonesti perché manipolatori, protetti dalle nostre pensioni, con comportamenti ben lontani da quanto pomposamente affermiamo. I giovani sono il ragazzo, ingenui, pieni di aspirazioni, in fuga dai cattivi maestri, ai quali non credono più! Questa trasposizione al presente è suggerita anche dalla rappresentazione teatrale del "Il cuore delle cose" da parte di Kenzaburo Oe ( si veda la recensione di"La foresta d'acqua" ) dove il maestro è visto come un "falso educatore" dai giovani liceali che assistono alla rappresentazione.

In modo elegante e nitido l'autore indaga l'intrigo psicologico e morale tra il maestro e il giovane, cosi come tra il primo e l'amico suicida. La narrazione procede lenta e talvolta ripetitiva; la lunga lettera ha troppo i tratti del soliloquio da non essere prolissa.

Perché leggerlo? Sollecita numerose riflessioni sul presente.

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