Il romanzo è ambientato tra il 1838 e il 1848 nella Torino sabauda, in bilico tra restaurazione e valori risorgimentali, tra conservazione e desiderio di cambiamento, anche economico. In quegli anni la Gran Bretagna, in particolare Londra, era un punto di riferimento, per le innovazioni tecnologiche, lo sviluppo del commercio e della manifattura, e per la diffusione di nuove idee, che coinvolgevano anche la condizione femminile. L'autrice immagina che Anne, giovane figlia di un ricco mercante di stoffe, vada in sposa a Prospero, nobiluomo piemontese, allevato all'interno delle più rigide e tradizionali regole sabaude: disciplina militare, ottusa fedeltà alla corona e alle convenzioni sociali, disprezzo per le questioni economiche, per lo stesso patrimonio terriero, dal quale ricava peraltro ricche rendite. E' un matrimonio improbabile, diremmo noi; permette all'autrice di investigare come "riconoscere qualcosa di sé in un paese che non è il proprio", come essere sé stessi pur essendo costretti ad adattarsi ad altre consuetudini e a lingue così diverse dall'inglese, l'italiano e il dialetto piemontese. Anne, tra l'altro, è cresciuta frequentando magazzini e negozi, abituata a riconoscere la qualità di prodotti tessili provenienti da tutto il mondo, a parlare di stoffe, di innovazioni e di commercio. Sono valori moderni, esaltati da un nonno con idee giacobine e da una governante che lascia la massima libertà di idee alle sue pupille, Anne e sua sorella, spiriti indipendenti ed aperti al nuovo. La prima domanda del padre di Anne a Prsopero fu la seguente. "Allora ditemi, vi interessa la seta ? (...) Nello sguardo di Prospero si affacciò un'espressione di sdegno. Se di commercio non s'intendeva affatto, s'intendeva però di educazione e non sapeva come prendere la volgarità del suocero. (...) A Torino, pensò, i fornitori entrano dalla porta di servizio e attendono in anticamera". Non è il vaiolo, quindi, che colpisce Anne nel viaggio verso Torino e le compromette la pelle, a rovinare il matrimonio; sono le differenze culturali tra lei, costretta ad adattarsi, e Prospero, ottuso e distante. In una lettera alla sorella, Anne confessa che "sono dovuti passare alcuni mesi perché io arrivassi a comprendere che il viaggio che mi avrebbe consegnata a Prospero non era un avvicinarsi ma un allontanarsi, sia da quello che avevo immensamente caro sia dalla persona che ero stata fino a quel momento. Nessuno si separa volentieri da ciò che ama e conosce, per cui puoi immaginarti il mio stato d'animo adesso che ho compreso che la persona che mi accingevo ad abbandonare definitivamente ero io stessa. Separarsi da sé è il dolore più profondo". Eppure, nel Piemonte degli anni' 40, attraversato da una ricerca di innovazioni in campo agricolo e manifatturiero, Anne, concreta, tenace, esperta di cose economiche e immensamente ricca, potrebbe trovare la sua strada; e per un momento ci speriamo, quando intreccia un'amicizia con Enrico, un avventuroso imprenditore, e quando l'ottuso Prospero muore sul campo di battaglia nel 1948. Ed invece l'esile e troppo fedele Anne "da quando è arrivata in Piemonte ha avuto un solo desiderio: essere lasciata tranquilla, sbiadire. Come accade alle amarezze, generosamente stemperate dal tempo". Anne appartiene alla folla di personaggi che hanno contraddistinto il passaggio dalla restaurazione alla nuova Italia: "le loro opinioni, le loro speranze spesso ingenuamente grandi, i loro desideri e i loro fallimenti appartengono a quella terra di penombre che è la letteratura".
Il libro presenta numerosi difetti, di contenuto e di struttura narrativa, che ne hanno compromesso la qualità, pur partendo da un'idea interessante e da un personaggio potenzialmente intrigante. L'autrice ha voluto dire troppo: dare un affresco del Piemonte degli anni'40, ricostruire il fascino dell'Italia nell'immaginazione degli inglesi, introducendo il tema del "Grand Tour", sviluppare le differenze tra Londra e il Piemonte con un minuzioso dettaglio che fa perdere il senso complessivo, infittire di personaggi, i quali sovrastano la protagonista, rigidamente immobile nel suo triste destino. La struttura narrativa non ha ritmo: si sviluppa lenta e prolissa, frammentata da continui salti nel tempo e nello spazio, e soprattutto appesantita dal ricorso eccessivo all'espediente letterario della corrispondenza, non solo della protagonista ma pure degli altri personaggi. Alla fine il tutto diviene ridondante; il romanzo andrebbe riscritto con grandi forbiciate.
Perché non leggerlo ? Lo spunto è interessante, la struttura narrativa lo rende prolisso e noioso.