<<Stavo andando in spiaggia, (...) pensavo ai fatti miei quand'ecco che tutto si è fermato: il vento, il mare, gli arbusti, il battito del cuore e delle ciglia, (...) e in quell'attimo di immobilità disorientata l'unica cosa a muoversi è stata una figurina dai contorni d'oro: non un corpo, non una piroetta di polvere, non un guizzo di luce ma una presenza che è corsa lungo il legno del gradino e si è infilata nella sabbia poco più avanti>>. Per l'io narratore, l'ottantaduenne in vacanza al mare, questa figurina <<è uscita dal di dentro del mio corpo>>, come la "chimera" cantata da Mario Luzi?. ("s'avvia tra i muri, è preda della luce.../ forse eri tu, ora è un'apparizione"). O è invece una delle ragazze di Giorgio Caproni?("ragazze appena visibili/ma acutamente sensibili/nell'aria nera che brilla/lucida come una pupilla"). La risposta di Starnone non è univoca, ci lascia in sospeso.<<Del so e non so (...) che dovrei tentare di scrivere. Ma è difficile, ci vorrebbero energia e fiducia, non l'attuale spossatezza dubbiosa che sfuma nel colpo di sonno>>. Il vecchio scrittore s'impegna comunque a costruire una storia, esile ed elegante come una poesia. La figurina è Lu, atletica, piena di energia e di giovanile autorità. Ci sono poi altre donne, da Evelina, proprietaria di un negozio di abbigliamento, alle sue amiche-clienti: tutte amanti del marito di Evelina, Silvestro l'ingannatore. Sono personaggi reali o rimembranze affioranti? In Lu, come nelle altre donne, lo scrittore non proietta un senile desiderio erotico, cerca invece di estrarre dal corpo della ragazza <<una madre viva, vivissima, (...) una madre senza malattia, sotto i trent'anni, di radiazione benevola, capace di suscitare invidia e poi addomesticarla mutandola in simpatia e affetto. (...) Tuttora, da vecchio, il rischio è quello. Comincio con Rosa (è il nome della madre) e voglio più Rosa, sempre più Rosa, troppa Rosa, sicché mi perdo quel poco di vero -- una risata mentre lei si sistema i capelli con entrambe le mani -- e scivolo nel falso>>. E come succede spesso quando ci si lascia inviluppare dalla memoria si ritorna con la mente a un frammento ricorrente della vita della persona ricordata, così è per il scrittore nella scena più affascinante dell'intero racconto, scritta mirabilmente in bilico tra realtà e fantasia. Rosa era una sarta e riceveva le clienti a casa dinanzi al figlio ancora bambino. Invitato nel negozio di Evelina, riaffiorano tutte le sensazioni di quelle sedute quando assiste alla scelta dei vestiti da parte delle amiche-clienti. <<Io non mi sono perso nemmeno un battito di ciglio. (...) Ho avvertito con violenza l'odore vitalissimo di quel vestirsi e rivestirsi, modellarsi e rimodellarsi e l'ho riconosciuto. Era lo stesso delle clienti di mia madre>>. Il vecchio scrittore chiede di provare alcuni vestiti indosso a Lu, fino a quel momento presente solo nel ruolo di commessa. E' un crescendo di sensualità e rimembranza. <<La ragazza non aveva più occhi di serva affaticata, ma pupille lucenti. (...) I corpi evaporano, c'è poco da fare, si disperdono le ambizioni ,s'assottigliano le possibilità. Ma almeno per ora non è quello che sta accadendo a Lu. Si è chiusa definitivamente a mia madre moribonda e abito dietro abito, gesto compiaciuto dietro gesto compiaciuto, ha recuperato il colorito sano, è di nuovo forte, sprigiona luce di chi vuole compiere a tutti i costi un salto strepitoso fin sopra la cima del mondo>>.
L'immagine di un vecchio malato dinanzi al mare richiama "Morte a Venezia" di Thomas Mann; ed è forse a quest'opera che si è ispirato Starnone invece che al "Il vecchio e il mare" di Ernst Hemingway, richiamato dal titolo del romanzo. Non c'è il vigore del capolavoro dello scrittore americano mentre si respira quell'atmosfera sensualmente decadente del racconto di Mann. Di certo il tema principale è il pensiero della morte: nostalgie, rimembranze, immagini dell'infanzia si affollano nella mente, portate in superficie dagli abituali frequentatori della spiaggia dove trascorre le sue giornate l'ottantaduenne, in vista al mare. Sotto traccia è presente un tema caro a Starnone, quello della professione dello scrittore. Avvicinandosi alla fine della vita ci si accorge che <<manipolare la realtà dei fatti, servirmene per cavarne invenzioni con sprazzi di verità, da giovane è stato ingannevolmente facile, da vecchio un tentativo fiacco sempre a un passo dallo sgomento>>. Che senso ha ancora la fantasia, credersi vivi inventandosi delle storie?
Starnone è uno dei più raffinati scrittori italiani. Ogni singola frase andrebbe insegnata per l'uso sapiente della sintassi, per l'eleganza del lessico, pur all'interno di un linguaggio contemporaneo e comprensibile a tutti. Questa ricerca del dettaglio va a scapito della trama complessiva, esile e inconcludente. L'attenzione sull'io narrante appiattisce i personaggi, potenzialmente interessanti, e fa scivolare il racconto in una sorta di compiacimento narcisistico.
Perché leggerlo? Una lezione di splendido italiano.