Gradimento Medio-basso
e non lo rileggerei

Vanishing Acts

scritto da Picoult Jodi
  • Pubblicato nel 2005
  • Edito da Washington Square Press
  • 418 pagine
  • Letto in Inglese
  • Finito di leggere il 08 settembre 2024
A Delia il padre ha sempre detto che la madre era morta, tanto che essa è ormai una rimembranza che le affiora continuamente alla mente. << Ero solita immaginare come mia madre sarebbe ritornata. (...) In tutti questi sogni giornalieri, la morte non era assoluta come era supposto che fosse, e noi ci ritrovavamo sempre per caso. In tutti questi sogni giornalieri, mia madre ed io ci riconoscevamo senza una sola parola>>. La vita di Delia è trascorsa serena, con un padre amoroso e due amici: Fritz e Eric, di cui Delia s'innamora fin da ragazza, e da cui ha avuto una figlia. Gli unici tormenti sono quel senso, sempre presente, di aver perso qualcosa e il fatto che Eric è un alcolista. Quando, all'improvviso, la polizia si presenta a casa ad arrestare il padre, Andrew, accusato di aver rapito la figlia venticinque anni prima. Il romanzo affronta molti temi, anche troppi: la menzogna di Andrew, che ha tenuto nascosto a Delia l'esistenza della madre, Elise; l'alcolismo di Eric, che riemerge per lo stress e la  scoperta che anche Elise è stata dipendente dall'alcol; le  relazioni tra i tre amici, Delia, Eric e Fritz, con quest'ultimo da sempre innamorato dell'amica (nel romanzo è una sorta di angelo protettore); il nuovo ambiente in cui va a vivere Delia con la figlia per seguire il processo e dove incontra Rutham, un miscuglio di sciamana indiana e nonna hippy; la durezza e la violenza del carcere, dove viene rinchiuso Andrew; possibili abusi sessuali subiti da bambina, rimossi da Delia ma riemersi per le accuse del padre a Elise durante il processo (forse un'altra menzogna); infine il processo, narrato con l'usuale approccio poliziesco americano. Per dare ordine a un racconto così dispersivo, la recensione deve scegliere un filone, pur rischiando d'impoverire la ricchezza della trama. Si può partire da una strana domanda che la sciamana indiana rivolge a Delia: <<e se l'intera esperienza del rapimento non fosse la storia di Delia? Cosa succede se scomparire non fosse il più catastrofico evento della tua vita? Che cos'altro sarebbe? (chiede Delia). Ruthman alza il viso al sole. "Tornare indietro". dice>>. E infatti Delia non è felice quando incontra la madre ed Elise, con le lacrime agli occhi, se ne accorge e le dice di averla persa di nuovo, e per sempre. Troppa è la discrepanza tra fantasia e realtà! << Mia madre, mitica, immaginaria, era una divinità e un supereroe e un conforto per me. (...) Ho avuto bisogno di venticinque anni per riuscire ad ammettere che sono contenta di non aver finora conosciuto mia madre. Non perché, come mio padre sospettava, lei avrebbe potuto rovinare la mia vita, ma perché così, io non ho dovuto essere testimone che lei rovinava la sua>>. Come dice la scrittrice, mediante la voce di Delia, <<Importante non è cio che tu hai accumulato negli anni, ma quelle poche cose che puoi portare con te>>.

E' un peccato che un tema così interessante, quale il confronto tra ricordo e realtà, sia rovinato da una trama affollata di filoni narrativi, personaggi inutili ed episodi ridondanti. Perché raccontare la vita del carcere dicendo cose scontate e perché invischiarsi nelle relazioni tra amici d'infanzia che diventano adulti? Sarebbe stato meglio approfondire in termini psicologici  la scoperta della madre da parte di Delia così come i sentimenti della prima, che restano sempre sullo sfondo, sino a svanire. Ad accentuare il profilo da polpettone contribuisce l'ormai diffusa tecnica della narrazione a più voci: ogni capitolo racconta la storia dal punto di vista di ciascun personaggio, creando quella ridondanza dell'io (non ne basta uno?) e rendendo il tutto prolisso, ripetitivo e noioso.

Il pregio del romanzo è la scrittura: una struttura sintattica semplice ma non banale, un lessico elegante ma arricchito da modi di dire, aggettivi e verbi propri del linguaggio colloquiale, di forte impronta americana. Lontana dall'intellettualismo newyorkese o dagli esagerati  virtuosismi di autori statunitensi contemporanei (si pensi al celebratissimo McCharty Cormac, si veda la recensione in questo sito di The Road), Picoult ci riporta a una scrittura accessibile al lettore medio. 

Perché leggerlo? Piacevole la scrittura, interessante potenzialmente la storia.

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