Tra i migliori che ho letto!
e lo rileggerei volentieri

A che punto è la notte

scritto da Fruttero e Lucentini
  • Pubblicato nel 1979
  • Edito da Mondadori
  • 602 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 13 agosto 2006

È un libro che si legge tutto dʼun fiato.
L’ambiente è la Torino degli anni ’60, nella fase di intensa industrializzazione e di sviluppo della Fiat.
Inizialmente i personaggi si muovono in modo autonomo tra di loro: un venditore di matite, che si scoprirà essere un carabiniere in incognito alla ricerca di laboratori di lavorazione della droga, una giovane ragazza della borghesia torinese che ha come amante un misterioso commercialista, che poi si scoprirà essere un contabile della mafia, una redazione di una casa editrice (l’occasione per una parodia degli intellettuali), interessata alla pubblicazione di strane cassette di dialoghi di un parroco, che professa idee eretiche e ha plagiato un gruppo di parrocchiani, un ufficio del commissariato, che si interessa di una presunta aggressione al parroco, un ingegnere della Fiat, che si interessa di gestione delle scorte.
Tutti questi personaggi si ritrovano, casualmente, alla messa del parroco eretico, durante la quale il prete stesso viene ucciso in un attentato dinamitardo.
Si avvia unʼindagine complessa e difficile, caratterizzata da altre due uccisioni, quelle del venditore di matite e dell’ingegnere della Fiat.
La vicenda si conclude con la scoperta di una truffa ai danni della Fiat di cui l’inspiratore è un alto dirigente dell’azienda; il parroco, l’ingegnere e i parrocchiani sono gli esecutori materiali.
Il libro è molto complesso e articolato ma ha diversi aspetti di rilievo: la trama molto suggestiva e ricca di colpi di scena, un ritmo narrativo serrato, che raramente decade nel superfluo, la sovrapposizione delle storie e quindi anche dei temi: la storia d’amore della ragazza e del commercialista mafioso, l’ambiente della Fiat con la sua gerarchia e i suoi riti aziendali, l’ambiente della polizia con i contrasti con i carabinieri, il mondo religioso con i suoi incubi secolari (le sette gnostiche), la solitudine sentimentale del commissario Santamaria e in generale di tutti i personaggi "adulti" del libro.
Sullo sfondo emerge l’Italia in trasformazione, nella quale i valori tradizionali, le stesse piccole ruberie, vengono travolte dall’industrializzazione e quindi dall’espansione della città: non è un caso che il romanzo sia ambientato sostanzialmente nella periferia, in un contesto urbano e sociale sempre più degradato e sconvolto.
Ma sarà una società peggiore di quella passata? Gli autori non sembrano pensarlo: Thea, questa giovane ragazza della borghesia, preferisce il legame con un mafioso alle amicizie della sua classe sociale e la madre pensa che è forse meglio così piuttosto che sposarsi un ingegnere della Fiat, corrotto e paranoico.
Si rompono gli schemi rigidi di una società ipocrita e solo in tal modo i personaggi trovano il loro destino, e l’amore, anche se al di fuori delle regole tradizionali.
Esiste poi un altro tema, che emerge solo alla fine del romanzo.
L’alto dirigente della Fiat viene scoperto perché si dimentica che è sempre seguito da due poliziotti di scorta, che devono assicurarne la sicurezza.
La solitudine del potere, la sua indifferenza rispetto agli umili sono anche la fonte della rovina di chi è al vertice della società e pensa che sia persino inutile accorgersi degli altri.
La democrazia è un processo inevitabile?

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