Tra i migliori che ho letto!
e lo rileggerei volentieri

Blood and Thunder

scritto da Hampton Sides
  • Pubblicato nel 2006
  • Edito da Doubleday
  • 460 pagine
  • Letto in Inglese
  • Finito di leggere il 03 luglio 2008

Il sotto titolo del libro è "l’epica storia di Kit Carson e la conquista del West".
Il libro copre, infatti, un periodo molto lungo, dal 1809, anno di nascita di Kit Carson, alla sua morte nel 1868.
Anche se la grande guida è al centro del libro, in realtà ci sono tutti i protagonisti di quegli anni, che hanno contribuito a una vicenda estremamente complessa e articolata, nella quale si inseriscono diverse aspirazioni: il sogno imperiale degli Stati Uniti finalizzato a conquistare tutto il continente, dall’Est all’Ovest, a spese di un paese più debole, quale il Messico; l’espansione economica verso territori, la cui ricchezza era anche sopravvalutata; la guerra civile americana con il ruolo svolto dalle popolazioni indiane; lo scontro di culture (nord-americani, messicani e indiani) e infine la forte impronta di una visione metodista che vuole imporre le proprie regole senza riconoscere le peculiarità e le caratteristiche specifiche.
Alla base del libro c’è quindi il sogno americano, l’idea di essere nel giusto e quindi l’incapacità di comprendere le popolazioni indigene.
Queste ultime, abituate a una società nomade e basata sulla razzia, non si rendono conto di trovarsi di fronte a un nuovo avversario, diverso dagli spagnoli e dai messicani, dotato di mezzi tecnologici e soprattutto di unʼostinazione tale da arrivare sino in fondo.
A pagare il prezzo più caro sono i Navajios, che peraltro costituivano una nazione indiana tra le più forti e le più ricche.
Essi vengono distrutti: prima dalla fame, poi dalla lunga marcia verso una località che doveva rappresentare un esperimento di civilizzazione e si rivela invece una zona inospitale, dove le malattie, lo scarso raccolto e le condizioni insalubri dell’acqua danno un colpo mortale ai Navajios.
È un libro di scontri e di battaglie, di saccheggi e crudeltà, nel quale emerge una società violenta, dall’una e dall’altra parte.
Uno strano codice di condotta unisce di fatto americani e indiani: dente per dente, occhio per occhio.
In questo contesto Kit Carson, già leggendario in vita, rappresenta una figura emblematica: grande guida, dotato di doti diplomatiche e nel contempo guerriere, condottiero, è alla fine un esecutivo, che, malgrado la sua volontà, è portato, per ubbidienza e riconoscenza verso altre persone, ad affrontare guerre e condizioni che lui stesso non condivide.
È un debole in fondo, una fragilità evidente anche nel fisico e nella voce al punto che i visitatori, che avevano letto i racconti sulla sua vita e sulle sue imprese, non lo riconoscono al momento dell’incontro.
Si tratta di un eroe, che diviene tale nonostante se stesso, quasi una figura costruita ad arte nell’immaginario collettivo degli Stati Uniti.
Questa figura è servita ad aprire la conquista del West al popolo americano e a giustificare gli eccidi verso gli indiani.
Come tutti gli eroi è anche un anti eroe.
Il libro è molto bello.
Sembra ben documentato sotto il profilo storico e pur non essendo un romanzo vero e proprio, la narrazione ne ha tutte le caratteristiche.
Anche il sovrapporsi degli episodi, che si sviluppano in parallelo per poi confluire in una vicenda centrale, crea un clima di suspense, tipico di un racconto poliziesco o di una moderna fiction.
L’approccio è cinematografico.
La parte più interessante è il largo ricorso ai diari stessi delle persone che hanno partecipato agli avvenimenti.
Per esempio, una donna che ha seguito la carovana verso la conquista di Santa Fè, capitale del New Messico, racconta scandalizzata un ballo in onore dei conquistatori dove le donne messicane si presentano con vestiti scollati e provocanti.

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