Gradimento Medio-basso
e non lo rileggerei

Il coraggio del pettirosso

scritto da Maggiani Maurizio
  • Pubblicato nel 1995
  • Edito da Feltrinelli
  • 316 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 13 agosto 2018

"Non cʼè ingenuità in chi pensa che un popolo possa esistere davvero solo se cʼè qualcosa, come un libro appunto, che lo racconti agli altri".
Così spiega il tipografo Ruben al giovane Saverio per spingerlo a narrare di Carlomagno e della sua gente.
Non sappiamo dove fosse questo villaggio; forse si trovava nelle Alpi Apuane, di certo era un paese di cavatori, duri, selvaggi, ostinatamente legati ad una propria cristianità, fatta di leggende, di valori comunitari, di libertà di coscienza.
Ed è di questo che parla il romanzo: il coraggio del pettirosso.
"Vorrei il permesso, signoria, di andare un poʼ dove mi pare, tanto non darei fastidio a nessuno, piccolino come sono".
Così chiese il pettirosso al re degli uccelli del bosco; e per risposta il falchetto gli ruppe una zampa, costringendolo a volare con una ala sola.
Ma il piccolo pettirosso non si arrese e "volava sempre più in alto e un poʼ più in là del posto che gli avevano assegnato", fino a che "dallʼalto prese a bombardare sul capo il re degli uccelli a colpi di cacatine".
Per raccontare di questo paese immaginario, e della libertà che lì si professava, lʼautore la prende dalla lontana, forse anche troppo.
Saverio vive ad Alessandria dʼEgitto ed è figlio di un fornaio anarchico, il quale, come tutti i suoi amici, ritiene che Ungaretti fosse un fascistone.
Alla morte del padre Saverio scopre una raccolta di poesie: "il porto sepolto" e lo sorprendono in particolare questi versi di Ungaretti.
"Vi arriva il poeta/E poi torna alla luce con i suoi canti/E li disperde/Di questa poesia/Mi resta/Quel nulla/Di inesauribile segreto".
Che cosa voleva esprimere il poeta ? E perché suo padre leggeva questo libro ? Giovane superficiale e perditempo, da quel momento viene preso da una irrequietudine crescente, che neanche un viaggio nel deserto riesce a sopire.
Vuole conoscere il paese del padre, appunto Carlomagno.
Va in Italia e visita Roma in "preda di una sensazione di sovrabbondanza fiabesca".
Si imbatte in Ungaretti.
"Il vecchio, ma quanto era vecchio ! a guardarlo così da vicino sembrava più vecchio di un sasso.
(...) gli occhi fiammeggianti di un idolo zulu, (...) mi sembrava irreale, fatto dʼaria come i ginn".
Il grande poeta sembra riconoscerlo e gli fa avere un foglietto, in italiano arcaico e confuso, dove era scritto che un certo Pascal, "luterano perfido", fu bruciato sul rogo.
Pascal era il suo cognome, si parla di un suo avo ? Saverio non riesce ad andare a Carlomagno perché la polizia lo espelle.
Ritorna ad Alessandria e compie immersioni sempre più profonde e pericolose; forse pensa di trovare il porto sepolto, di cui parla Ungaretti.
Colto da embolia, viene ricoverato in una clinica, dove giace per mesi abulico, senza forza e volontà.
Per spingerlo a reagire viene indotto a raccontare la sua vita ed anche i sogni delle sue notti agitate.
Ed è così che tutto ciò che sappiamo è una storia dentro la storia, "una storia sognata, inventata di sana pianta, una storia di cinque secoli fa in un posto perso nel mondo".
In unʼ Europa devastata dalle guerre di religione tra cattolici e protestanti, Pascal, un vecchio soldato di ventura, si ritrova a Carlomagno, dove viene prescelto come sposo da Sua (strana usanza ma il mondo era rovesciato in quel villaggio sperduto e singolare).
Sua intende scrivere la storia di Carlomagno, vuole essere la sua poetessa.
Spinge il marito, di solito prudente ed accorto, ad intraprendere un viaggio per recuperare i mezzi per stampare un libro.
Recuperano una Bibbia in italiano, tradotta da un calvinista, la leggano di nascosto ed infine arrivano in Val Pellice, la valle degli eretici valdesi.
Quando però tornano a Carlomagno è arrivata lʼinquisizione, decisa a normalizzare il villaggio e la sua gente.
Pascal è accusato di eresia e trascinato al rogo; Sua, incinta ,si è salvata in groppa a sua madre, "in groppa a un demonio, fate voi".
E Sua poté stampare il suo libro, e Saverio lo sognò e lo raccontò, perché potesse essere un "pettirosso da combattimento".

Tutto ha preso le mosse da una poesia, anche poco chiara.
Alcune parole hanno portato in superficie una coscienza, un alito di libertà, un desiderio irresistibile di conoscere le proprie radici, anche se tragiche.
Fra i tanti temi che tratta, le innumerevoli suggestioni, le troppe divagazioni, il romanzo parla della forza della narrazione, del libro scritto e raccontato; e così facendo ci porta in un mondo libero, in quellʼ Italia protestante che poteva essere un occasione per il nostro Paese, se non fosse stata soffocata, condannandoci ad un destino di ignavia, ignoranza e ipocrisia.
È pertanto un libro politico allʼinterno dellʼinvolucro della favola.

Il sogno è la parte migliore del romanzo, forse anche perché lʼautore si muove in un ambiente familiare.
La scrittura è sempre raffinata ed efficace, tuttavia il racconto è dispersivo, troppo spesso un polpettone.
Maggiani ha voluto dire troppo ed ha rovinato in questo modo il nucleo fondamentale, costituito dal sogno e dal villaggio immaginario di Carlomagno.

Perché leggerlo ? Ci anima di spirito protestante.

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