Gradimento Medio
e non lo rileggerei

Kafka sulla spiaggia

scritto da Murakami Haruki
  • Pubblicato nel 2002
  • Edito da Einaudi
  • 514 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 08 settembre 2013

" Stavo per entrare nel mondo spietato degli adulti, e lì dovevo sopravvivere da solo.
Dovevo diventare più duro di chiunque altro".
Il libro è innanzitutto un romanzo di formazione, che prende lo spunto da un racconto di un grande autore della letteratura giapponese: Natsume Soseki.
Egli narra la storia di uno studente, che scappa di casa e va a lavorare in una miniera, compiendo una " esperienza di vita e di morte" per poi ritornare al mondo di prima.
La singolarità dello scritto di Soseki è che non dice se il giovane sia cambiato.
Leggendolo si ha la sensazione di " non capire che cosa voglia dire".
Analogamente il quindicenne Tamura Kafka, uno dei due protagonisti del romanzo di Haruki, lascia lʼodiata casa paterna per fuggire al dolore di essere stato abbandonato dalla madre.
Lo sovrasta una enorme ferita spirituale, che può essere superata solo accettando il rifiuto della madre, senza aspettarsi spiegazioni.
Deve semplicemente perdonarla.
È un difficile passaggio esistenziale, anche perché farlo lo porterebbe definitivamente alla maturità, a riconoscere che noi tutti siamo come una maschera della tragedia greca: " luce e ombra, speranza e disperazione, riso e tristezza, fiducia e solitudine".
Non è un caso che in un libro ricco di metafore la biblioteca e la foresta siano le costruzioni simboliche più importanti del percorso interiore di Tamura.Fuggito da casa, Tamura trova accoglienza in una biblioteca privata, dove fa amicizia con il segretario, una sorta di filosofo, un poʼ uomo e un poʼ donna, e soprattutto conosce quella che potrebbe essere sua madre, la signora Saeki, con la quale fa allʼamore.
Ma la biblioteca è il simbolo della sistemazione ordinata dei ricordi, senza la quale non potremmo sopravvivere.
" Tutti perdiamo continuamente tante cose importanti ...
vivere significa anche questo ma ognuno di noi nella propria testa ha una piccola stanza dove può conservare tutte queste cose in forma di ricordi".
Camminare nella foresta simboleggia invece la ricerca di un mondo a parte, immobile, sereno perché senza memoria.
Ed infatti Tamura si inoltra sempre più nel bosco per arrivare " ad un luogo particolare del mio essere, alla sorgente luminosa dove si producono le tenebre e si creano echi senza suono".
Lì in un villaggio irreale potrà trovare quella pace interiore che non riesce ad avere perché continuamente si chiede: " perché non mi ha amato ? Se mia madre non mi ha amato, non sarà stato per qualche mia grave mancanza di fondo ?".
Ma come ha fatto Tamura ad entrare in questo mondo, " dove il tempo non è più necessario e ( quindi) non sono necessari neanche i ricordi" ? Qui subentra lʼaltra storia che percorre in parallelo la vicenda di Tamura.
Nakata ha subìto gli effetti di un misterioso fenomeno, verificatesi durante la seconda guerra mondiale.
Ancora bambino è rimasto in coma per diversi giorni e poi, tornato cosciente, ha perso ogni ricordo, ha dimenticato tutto, anche saper leggere e scrivere.
Da allora è rimasto un poʼ minorato, con strani ed apparentemente inutili poteri:per esempio sa parlare con i gatti, in quanto conosce la lingua di tutti gli esseri viventi.
Anche in questo caso lʼautore riprende una antica leggenda giapponese, che vuole che ci siano " spiriti viventi", che hanno la prerogativa di uscire dal corpo, di recarsi in luoghi lontanissimi e di vivere ai confini del mondo.
Ebbene, Nakata sembra possedere queste qualità.
La sua tranquilla vita di un uomo ormai anziano, un pò strambo ma innocuo, si interrompe bruscamente perché è costretto a uccidere una persona che taglia la testa ai gatti ( questʼuomo non è altro che il padre di Tamura).
Nakata si mette in viaggio anche perché sente che deve compiere una missione: cercare la pietra dellʼentrata, ossia permettere a Tamura di entrare nel mondo senza tempo.
E ciò è fondamentale per il ragazzo perché superare i confini del mondo reale permette di incontrare sua madre, perdonarla e accettare di crescere.
" Mi trovo stretto fra un vuoto e un altro vuoto.
Non so distinguere il giusto dallo sbagliato.
Non so nemmeno cosa cerco .....
ma da qualche parte mi arriva la voce della signora Saeki, che dice, con tono fermo: non importa, devi tornare comunque.
Sono io che lo voglio.
Che tu sia lì".

Narrare fatti e circostanze al limite dellʼassurdo permette allʼautore di non rispettare i criteri di verosimiglianza e di portarci in un mondo onirico, proprio del sogno più che della realtà.
Allʼinizio il racconto è strutturato come un classico romanzo, poi man mano che si procede il lettore non si stupisce più delle vicende e dei personaggi, convincendosi che lʼautore stia narrando un sogno, un percorso dentro la coscienza, nella quale i diversi piani, razionale ed irrazionale, in qualche modo si fondono ed acquisiscono una concezione unitaria.
Si è dinanzi ad un libro con forti connotati filosofici, con un frequente ricorso al simbolismo, alle parole evocative di tanti significati.
È un peccato.
Restando in bilico tra lʼapprofondimento psicologico e il racconto fantastico, troppo spesso incline alle divagazioni filosofiche, il racconto perde di sintesi, si dissolve la direzione di marcia della narrazione, rimane alla fine sospeso senza una conclusione definitiva.
Resta la sensazione di aver letto qualcosa di affascinante ma evanescente, " come lʼacqua che in un mattino dʼestate indugia in una piccola fossa del terreno prima di evaporare al sole".

Perché leggerlo ? Vale la pena leggerlo ma non ci si deve aspettare una facile lettura né una chiara conclusione.

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