Gradimento Medio-basso
e non lo rileggerei

Una nobile follia

scritto da Tarchetti Igino Ugo
  • Pubblicato nel 1867
  • Edito da Mondadori
  • 195 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 29 marzo 2009

Igino Ugo Tarchetti è vissuto tra il 1839 e il 1869.
È quindi uno scrittore risorgimentale che è stato messo da parte in quanto portò avanti una forte critica alla guerra e un evidente riconoscimento del valore della diserzione e dellʼobbiezione di coscienza.

Il romanzo, in parte autobiografico, tratta le vicende di Vincenzo D: " una di quelle menti che non sanno scegliere tra la prosperità e la coscienza e sono esse sempre delle creature sciagurate".
Il racconto si articola in tre parti.
La prima parte riguarda lʼinfanzia e lʼadolescenza del protagonista.
Abbandonato, cresce in un orfanotrofio, dove conosce Margherita, il suo grande amore.
Si tratta di una parte ampollosa e retorica, dominata da una visione romantica e spiritualistica della vita e del mondo.
È tutta una esaltazione dellʼamore e della natura, assunta come un mondo idilliaco, Un dialogo tipico è il seguente: Margherita chiede: " ove andiamo ? Ad amarci.
E che fanno quelle lucciole ? Si amano.
E tutte quelle stelle ? Si amano.
Dio, come è bella la notte ! È lʼamore che lʼabbellisce".
A pagina 71 è forte la tentazione di abbandonare il libro.
La seconda parte racconta la vita militare di Vincenzo D.
Proprio nel momento in cui i due innamorati decidono di sposarsi, Vincenzo viene chiamato alle armi.
Con pagine di grande efficacia, viene raccontata la trasformazione individuale e sociale di una persona costretta a subire la disciplina militare.
Chi ha compiuto il servizio militare non può non ritrovarsi nelle parole dellʼautore: " le evoluzioni, il passo, il moto misurato e meccanico, la cadenza assordante del tamburo, la novità dellʼabito, lʼasprezza del comando e la disciplina stordiscono la sua mente, la distolgono da una riflessione seria e costante, creano nuovi bisogni, nuove idee, nuove parvenze.
I buoni sono divenuti cattivi, i cattivi pessimi, i pessimi malvagi".
La vita militare di Vincenzo ha una svolta quando viene chiamato a partecipare alla guerra di Crimea.Già la causa della guerra, richiamata dallʼautore, è di una tale futilità, che è di per sè una critica allʼassurdità dello scontro militare: un principe russo rifiuta di rendere visita al ministro turco e passeggia per le vie di Costantinopoli con " lo scudiscio alla mano ".
In questa parte del libro si colloca la descrizione della battaglia della Cernaia: sembra di assistere ad un film moderno ad effetti speciali e ad un tempo ad una battaglia dellʼIliade.
Corpi dilaniati, teste mozzate, sangue e devastazioni sono narrate con una forza cromatica tale da poterle vedere come in un quadro.
La narrazione raggiunge il suo punto di massimo impatto quando anche la natura ( qui non più benigna ma nemica dellʼuomo) prende parte alla battaglia: " il mare rigetta sulla riva gli alberi, le gabbie, i cadaveri.
Unʼonda gigantesca, che sembra riassorbire in sè tutte le altre onde dellʼoceano, si avvicina lenta e maestosa alla riva.
Una lunga fila di naufraghi apparisce sopra di essa agitando i petti e le braccia: sentono la terra sotto i loro piedi, ma lʼonda che li incalza di dietro sopraggiunge, si rovescia sopra di essi, li travolge e li riporta sullʼalta superficie del mare".
Ma Vincenzo è riuscito a salvarsi e non ha ancora ucciso nessuno, in quanto è rimasto sommerso da un mucchio di cadaveri.
Quando riprende conoscenza si trova di fronte un soldato nemico e, come nella Canzone di Piero di Fabrizio De Andrè, è costretto ad ucciderlo per correre poi a chiedergli perdono ed accorgersi che il soldato ucciso " era bello di una bellezza maschia ad un tempo e gentile, aveva i capelli biondi e inanellati, la fronte ampia e serena".
Il soldato sul punto di morte chiede a Vincenzo " perchè mi avete ucciso ?" .
A quel punto il protagonista decide di disertare e di acquistare la propria libertà: " io aveva gettato il guanto allʼumanità; non aveva meco che la mia coscienza: come avrei sostenuto quella lotta ?"
La terza parte è la discesa verso la follia, che ha origine nellʼomicidio.
Ormai il racconto si trasforma in filosofia e in un insieme di aforismi, in alcuni casi senza senso.
Emerge in modo evidente una dichiarazione contro la guerra e soprattutto contro la vita militare, mentre prevale ormai una visione del mondo panteista.
Il tutto diviene un confuso manifesto politico.

Lʼautore si affida ad un espediente narrativo ( Vincenzo D.
racconta allo scrittore che racconta ad un amico), che invece di rendere più vivace la lettura contribuisce ad appesantirla, in quanto il racconto è tutto sviluppato in prima persona, nella forma di una narrazione: narrazione che spesso è un occasione per noiose divagazioni filosofiche, che fanno cadere il ritmo narrativo.
Lo stile ampolloso, enfatico, fortemente aggettivato, rende spesso pesante la lettura.

Perchè non leggerlo ? È sufficiente andare in una biblioteca pubblica e limitarsi alle pagine che descrivono la vita militare e la grande battaglia della Cernaia (in tutto quaranta pagine).

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