Il romanzo è ambientato in Russia tra il 1987 e il 1991 negli anni di Michail Gorbacev, in quelle confuse vicende che portarono alla dissoluzione dell'Unione Sovietica, nel dicembre dello stesso anno. Ciò che accadde fu << un tappeto intessuto di innumerevoli fili>>, una sorta di cubo di Rubik, su cui le dita rincorrono <<i cubetti colorati che non si incastrano mai al posto giusto>>. Per dipanare questo groviglio, senza riuscirvi, Barbero immagina che " qualcuno" racconti quanto è successo: un io narrante, forse un oscuro attore ebreo e moscovita, al quale, dinanzi a una manifestazione di odio antisionista, << balenò d'un tratto un progetto che sul momento, chissà perché, non gli parve affatto mostruoso, ma anzi felicissimo: ecco, io, pensò, me ne starò a guardare, e poi descriverò tutto quanto nel mio romanzo. Perché, si capisce, come sopravvivere altrimenti a una simile porcheria?>>. E se la trama non ha l'ordine dei grandi romanzi ottocenteschi, bisogna rassegnarsi perché è progettata da un attore, o forse da uno storico che, come Ariosto con l'Orlando Furioso, si sta divertendo nell'affascinante passione dello story telling. D'altra parte, pure il grande Emanuel Carrère si è perso a descrivere i recenti avvenimenti russi (si veda Limonov in questo sito). Il romanzo ruota intorno a due personaggi. Tania, una giovane storica, ha deciso di fare la tesi di dottorato sull'oscura scomparsa dei dirigenti del Partito a Bakù, negli anni '40. Perché nei verbali dei congressi e dei comitati regionali non sono più citati? Deve essere una vicenda delicata, se il romanzo stesso si apre con una scena divertente e preoccupante: due inviati da Bakù riversano del pomodoro sulla scrivania e il vestito del capo di Tania per fargli capire che è meglio che la ragazza abbandoni la ricerca su quanto è successo. <<Lasciamo pure stare i meriti e le colpe. Ma l'oblio, quello no. Un popolo libero deve ricordare>>, e con la determinazione di chi crede alla "verità storica" come imperativo morale del ricercatore, Tania va a Bakù a svelare il mistero, all'insaputa dell'Istituto Storico per cui lavora, e rischiando la vita. Nazar è un procuratore federale: crede fortemente nella giustizia, una legalità ormai corrosa dalla palude brezneviana, lui nostalgico della severità staliniana, al punto che è per la pena di morte (in casa tiene con orgoglio "i foglietti rosa" in cui è riportata l'esecuzione delle sue condanne alla pena capitale!). Gli viene affidato l'incarico d'indagare sull'omicidio di un ayatollah a Bakù; si teme che possano essere accusati gli armeni scatenando la furia vendicativa degli azeri: siamo ormai dinanzi alla disgregazione del potere sovietico. Come in un thriller le due vicende si dipanano con colpi di scena, momenti di pericolo nella lontana Bakù ma pure nella più sicura Mosca, intrecciandosi tra loro in modo sorprendente e casuale. In un mondo in disgregazione in termini di valori e per quanto riguarda le istituzioni statuali. a chi interessano la verità storica e quella giudiziaria? Non resta che rinchiudersi negli affetti familiari.
Perdendosi nel racconto viene un dubbio: Barbero parla della Russia o dell'Italia? La corruzione dilagante, a tutti i livelli, l'intreccio tra potere politico e malavita, l'ideologia ridotta a mero rituale, la mancanza di una qualsiasi visione del futuro, il disinteresse per le "verità", se non da parte di pochi testardi, sono tutti elementi che ritroviamo nella storia recente del nostro Paese. Come in Limonov, bisogna ammettere che le società in dissolvimento, che siano russe o italiane, hanno un loro fascino, soprattutto se descritte in modo ironico, senza esprimere inutili giudizi morali. Inoltre, il mondo degli storici è narrato nei suoi meccanismi, in cui potere, compiacenza, studi degli archivi e metodologie si mescolano in modo imprevedibile, e solo chi è mosso da una fede incrollabile, come Tania, può arrivare fino in fondo. Barbero parla di se stesso, come storico e italiano.
Barbero scrive come parla, in modo colloquiale, con continue parentesi e descrizioni gustose, mischiando fatti con tratti di costume, senza tralasciare un pizzico di sesso. Le pagine scorrono veloci e piacevoli; tuttavia, il lettore si perde negli innumerevoli ricami della narrazione, a discapito del ritmo complessivo, fondamentale in una sorta di thriller, e della comprensione complessiva della storia. Deve essersi accorto di questo, Barbero verso la fine perché mette le mani avanti. << E tutto sta in questo, che bisogna essere bravi: sarebbe troppo comodo se il primo venuto fosse capace di scrivere in quattro e quattr'otto quel che passa in testa ai suoi personaggi in un momento come questo. (...) La penna scrive e non sa che cosa, l'inchiostro non corrode la carta, il quaderno non prende fuoco...>>.
Perché leggerlo? Piacevole e interessante, bella la figura di Tania.