Come si legge in Wikipedia, Murasaki Shikibu (973-1014) è stata una poetessa giapponese famosa per il poema "Storia di Genji", scritto probabilmente intorno all'anno mille quando la donna era dama di corte. Murasaki (in giapponese viola) è il nome della protagonista femminile del romanzo; nome attribuito anche alla poetessa in quanto di lei non si conosce quello reale. La "Storia di Genji" assunse in breve tempo un'ampia diffusione tanto da fare di Murasaki un'icona, esaltata come fondatrice della lingua giapponese, finalmente portata allo stesso rango della dominante letteratura cinese: insomma, Murasaki può essere considerata una sorta di Dante giapponese. A conferma della fama popolare di Murasaki una leggenda vuole che la poetessa cominciò a scrivere l'opera in estasi dinanzi alla luna piena e, presa dalla frenesia, usò il retro delle sutra (testi sacri del buddismo giapponese) e per questo finì all'inferno. Nella sua biografia romanzata Liza Dalby ripercorre la vita di Murasaki: la giovinezza e lo studio del cinese malgrado l'esclusione delle donne dalla formazione letteraria (quando il padre elogiò la figlia agli amici, questi gli fecero notare che era tempo che si sposasse), i primi sonetti con l'invenzione di Genji, il soggiorno a Echizen, dove finalmente venne in rapporto con i marinai, i mercanti e i diplomatici cinesi, il matrimonio con un importante funzionario della corte imperiale, la vedovanza e il ruolo di dama di compagnia dell'imperatrice, ed infine il ritiro in un monastero buddista. Per noi che conosciamo poco del Giappone antico, il romanzo è di grande interesse storico: i rapporti economici e culturali con la Cina, l'approccio verso la natura, proteso a coglierne il "cuore" superando la visione naturalistica della letteratura cinese, la descrizione minuziosa del variegato e attento abbigliamento delle donne giapponesi (incredibile l'attenzione ai colori e alle stoffe), le lotte di potere all'interno della Corte imperiale. Al di là delle tante suggestioni, tramite Murasaki l'autrice affronta un tema centrale: è possibile una "poesia onesta" come diceva Umberto Saba? E' possibile una coerenza tra vita e letteratura? All'inizio del diario immaginato da Dalby, Murasaki afferma che "la vita da sola non è mai stata sufficiente. Diviene reale per me solo quando l'arricchisco nelle storie. Tuttavia, in qualche modo, malgrado tutto ciò che ho scritto, la vera natura delle cose che cercai di afferrare nel mio romanzo riesce ancora a scivolare tra le parole e stare, come mucchietti di polvere, tra le linee". E' una consapevolezza che la poetessa ha fin da giovane letterata ma che trova drammatica conferma via via che Murasaki accetta il doloroso destino delle donne. Genji è un personaggio romantico, femminile e maschile insieme, al quale la donna può affidarsi completamente, con fiducia e sicurezza. "Genji avrebbe dovuto porre fine alla brezza di volontà malata che generalmente distrugge le relazioni tra uomini e donne". E' una fantasia, elaborata per alleviare la propria malinconia e quella delle sue amiche. Le loro scelte la pongono subito dinanzi alla contraddizione tra vita e letteratura: la prima amica va sposa ad un anziano funzionario e in un'opaca solitudine svaniscono i sogni adolescenziali, la seconda si uccide pur di non fare la stessa fine, la terza, con la quale Murasaki ha un'intensa relazione intima, decide di chiudersi in monastero. Il sogno si infrange definitivamente quando Murasaki viene violentata. "Ero irritata di come poco la letteratura ci prepari alla vita reale. (...) Incerta se accadde o no, tristemente spegnendomi, a stento mi accorsi dei ridenti fiori del mattino". Potrebbe ritirarsi in un monastero come l'amica, ma ambiziosa e presuntuosa è convinta di poter governare il proprio destino. Già acclamata per il suo romanzo, entra nel palazzo imperiale come dama di corte. "C'era un lato oscuro in quel posto. Talvolta mi ricordava di uno di quelle mostruosamente grandi ragnatele che avevo visto in Echizen". Diviene l'amante del reggente, che la usa come brillante cronista di corte e non ha certo la gentilezza di Genji. Si lascia impigliare nelle lotte di potere, nelle rivalità e maldicenze delle quali è pervaso l'ambiente femminile, nelle molestie sessuali degli uomini ai quali le dame si devono rassegnare. "Mi sentivo come il bruco che sta nascosto nell'ombra, digerendo lentamente esperienze per poterle volgere in qualche cos'altro. (...) Non potevo negare che Michinaga (il reggente) avesse lentamente influenzato il carattere di Genji, ma non era a causa di qualcosa che avesse operato direttamente. Genji era cambiato da solo. Se era divenuto un po' rozzo, bene, ciò era accaduto quando ci si muove nel mondo. (...) Ero venuta alla conclusione che il mio personaggio Murasaki era vissuto più a lungo della sua utilità. Avevo creato una donna così perfetta che non c'era niente da fare per lei se non morire. Ci volle molto tempo a realizzare che avevo bisogno di sacrificarla per andare avanti. E mi ci volle ancora di più prima che realizzassi che il problema non stava in Murasaki, ma in Genji. (...) Il ragno prolifica, perso tra le spoglie canne lucenti per il gelo, incapace di prevedere quando edificherà di nuovo la sua rete".
Nella prima parte del romanzo, quando Murasaki non è ancora entrata nel palazzo imperiale, si ha l'impressione che l'autrice stia scrivendo di una giovane donna di Jane Austen: determinata, indipendente, pur all'interno dei vincoli della società. Poi, lentamente, la vitalità appassisce, subentra la rassegnazione, Murasaki si piega assoggettandosi al potere degli uomini. L'attenzione dell'autrice si sposta sul contesto, la narrazione diviene dettagliata e ripetitiva, perde di ritmo, quasi che la scrittrice non sapesse, o non volesse, scandagliare l'animo di Murasaki. E' vero che la poetessa torna spesso a casa, per riposarsi e concentrarsi nella sua opera, ma perché accetta di farsi di nuovo intrappolare: non era possibile, attratta dalle lusinghe del potere, dalle capacità ammaliatrici del reggente? Sono domande alle quali sarebbe stato intrigante dare una risposta. Io ne ho una: la ricerca della gloria.
La scrittura è elegante, raffinata, ricca in termini lessicali all'interno di una sintassi lineare. Il ricorso in brevi poesie, in giapponese e inglese, evoca l'atmosfera romantica e raffinata del mondo letterario giapponese, di Murasaki e della stessa Dalby: i sonetti sono di particolare bellezza e suggestione. Dispiace che nella seconda parte la narrazione perda di ritmo e diventi prolissa e noiosa.
Perché leggerlo? Interessante sotto il profilo storico, affascinante la figura di Murasaki