Tra i migliori che ho letto!

Reading Lolita in Tehran

scritto da Nafisi Azar
  • Pubblicato nel 2003
  • Edito da Random House
  • 356 pagine
  • Letto in Inglese
  • Finito di leggere il 07 giugno 2007

Un libro molto bello, soprattutto il primo capitolo, nel quale la scrittrice raggiunge una densità di scrittura e una profondità di concetti che ricorda Nadime Gordimer.
Il libro è articolato in quattro momenti della vita della scrittrice: ciascuno è in qualche modo simbolizzato da quattro grandi scrittori della letteratura inglese: Nabokov con Lolita, Fitzgerald con il grande Gatsby, James e Austen.
Il racconto non segue un percorso cronologico.
Nel primo capitolo la scrittrice ha già abbandonato l’università e ha creato un gruppo di lettura nella propria casa.
Le ragazze, sue ex allieve, arrivano alla riunione vestite con il velo e il chador, rese impersonali dal vestito e dalla postura che devono adottare per camminare per strada, si svestono e assumono in tal modo la loro vera personalità.
Il personaggio di Lolita, una ragazza di dodici anni che diviene l’amante di un uomo anziano, è al centro della loro conversazione come simbolo della loro condizione esistenziale, costrette a comportarsi e persino a pensare come vogliono gli uomini.
Insieme con il tema letterario emergono le loro storie personali e si intrecciano le relazioni reciproche, fatte di rivalità ma anche di una profonda comprensione e tenerezza.
La sintesi di questo capitolo, e di tutto il libro, è racchiusa in una frase molto profonda: "non essere il frammento dell’immaginazione di qualcuno".
Lolita non ha una sua personalità, ma viene forgiata dal vecchio, che la vuole proprio perché può renderla come vuole lui.
Così le donne iraniane dovrebbero comportarsi così come vuole la società religiosa senza poter esprimere realmente la propria personalità e vivere la propria vita.
E allora la letteratura non è "un lusso, ma una necessità", il mondo dell’immaginazione permette di riconquistare la libertà che la società vuole opprimere.
A questo punto la scrittrice introduce il tema del bello, sottolineando come le nuove generazioni non siano interessate all’ideologia e alle posizioni politiche.
"Ancora lo trovo nelle lettere dei miei studenti, quando, a dispetto delle loro paure e ansietà per il futuro senza lavoro e sicurezza e un fragile e incerto presente, essi scrivono intorno alla loro ricerca della bello".
"Penso in qualche modo che le nostre letture e discussioni dei romanzi in quella classe divennero il nostro momento di pausa, il nostro collegamento a un altro mondo di tenerezza, lucentezza e bellezza".
Nel secondo capitolo il contesto è costituito dalla fase rivoluzionaria, durante la quale non è chiaro chi assumerà il potere, i religiosi o le forze di sinistra.
È quindi una fase di transizione, ma è caratterizzata da una generale convinzione, dei fondamentalisti come dei rivoluzionari di sinistra: le libertà individuali e il ruolo della donna devono essere subordinate all’ideologia massificante.
La critica della scrittrice è rivolta quindi alla sinistra, che non comprende l’importanza dei diritti civili e ragiona, di fatto, come le forze religiose.
L’episodio più interessante, anche sotto il profilo narrativo, è costituito dal processo al Grande Gatsby, da alcuni indicato come un personaggio emblematico dell’individualismo della società occidentale.
La dinamica del processo mette in moto una dialettica nella classe e fa comprendere meglio che il vero tema del romanzo di Fitzgerald è il sogno di una propria auto-realizzazione, in una società che tende a uniformare gli individui: "Sogni.
..
sono perfetti ideali, completi in se stessi.
Come puoi imporli in una realtà costantemente in cambiamento, imperfetta ed incompleta.
Potresti diventare un Humbert, distruggendo l’oggetto del tuo sogno: o un Gatsby, distruggendo te stesso.
Quando lasciai la classe quel giorno, non dissi agli studenti ciò che io stessa cominciavo a scoprire: comʼera simile il nostro destino a quello di Gatsby.
Egli voleva realizzare un sogno ripercorrendo il passato, e alla fine scoprì che il passato era morto, il presente una vergogna e non c’era futuro.
Ciò non era simile alla nostra rivoluzione, che si era imposta nel nome del nostro passato collettivo e aveva distrutto le nostre vita nel nome di un sogno?".
Il terzo capitolo è ambientato durante la guerra Iran- Irak.
La rivoluzione si è ormai imposta, la libertà delle donne è stata annullata e il paese vive sospeso all’interno di un incubo (le vittime, i bombardamenti ecc.
), di un nazionalismo acceso e senza la speranza che questa guerra possa finire.
Sono anni terribili, nei quali non ci può non rinchiudere nel sentimento.
La scrittrice cita un passo di James, l’autore dell’ambiguità femminile, "non posso dirti di non affliggerti e di non ribellarti, scrive James, perché ho così l’immaginazione di tutte le cose e perché sono incapace di dirti di non provare dei sentimenti.
Provare dei sentimenti, dico, provarli per ciò che vale la pena, e anche se ciò ti uccide, per questo è l’unico modo per vivere, specialmente vivere sotto questa terribile pressione, ed è l’unico modo per celebrare e onorare questo essere ammirabile che sono il nostro orgoglio e la nostra ispirazione".
E aggiunge la scrittrice, "provare sentimenti crea empatia e ci ricorda che la vita vale la pena di essere vissuta".
È un sentimento profondamente femminile, nasconde quella solidarietà basata sulla cura e sulle relazioni che è alla base del pensiero femminile.
Il quarto capitolo ritorna al contesto del primo.
La guerra è finita e si capisce sino in fondo che non esiste una reale possibilità di evoluzione in un regime strutturalmente contrario alle libertà civile e alla dimensione femminile.
Non resta che la fuga nell’intimità e verso l’estero.
In un mondo nel quale la religione è diventata ideologia, sembra non esserci più spazio nella dimensione individuale.
In questo senso Austen è odiata dal regime.
"le donne di Austen, gentili e belle, sono le ribelli che dicono no alle scelte di stupide madri, padri incompetenti e di una società rigida e ortodossa.
Esse rischiano ostracismo e povertà per conquistare amore e amicizia (per conquistare l’importanza dell’amore e della comprensione nel matrimonio, e non l’importanza del matrimonio) per abbracciare quell’irraggiungibile fine della democrazia: il diritto di scegliere".
Al di là della società iraniana, il libro affronta alcuni temi universali (la libertà di scelta, la prevalenza degli affetti rispetto agli schemi rigidi, la forza della letteratura e dell’immaginazione ecc.
) che possono essere ricondotti all’affermazione: non essere il frammento dell’immaginazione di qualcuno.
Ma come è possibile in una società sempre più oppressiva e massificante, anche se apparentemente democratica? Come difendersi dall’invasione delle immagini, dei luoghi comuni veicolati dalla televisione, dalle urla dei dibattiti e così via? Mi sembra che la prospettiva sia la riscoperta della letteratura e della cultura in generale sia come ritorno alla dimensione individuale ma anche come riscoperta dell’immaginazione e quindi mezzo di resistenza e di riscatto domani: pensare e avere sentimenti sono, forse, le chiavi di volta per progettare e poi realizzare una società migliore.

Altre recensioni che potrebbero interessarti

Il Leopardo

Nesbo Jo

You, Me & other People

Kearney Fionnuala

Disgrace

Coetzee J.M.

Io uccido

Faletti Giorgio