Sconsiglio vivamente
e non lo rileggerei

I pirati delle montagne

scritto da Greppi Carlo
  • Pubblicato nel 2023
  • Edito da Rizzoli
  • 286 pagine
  • Letto in Italiano
  • Finito di leggere il 08 gennaio 2024
Secondo Daniel Pennac il secondo diritto del lettore è di non terminare un libro. " Il libro ti cade dalle mani? Lascialo cadere". E continua dicendo che ci sono migliaia di ragioni per abbandonare un libro, la principale è la seguente: non abbiamo mai tempo, è meglio spendere il poco tempo che abbiamo leggendo quello che ci piace. Nel passato ho cercato di finire un romanzo o un saggio, anche se non mi piacevano. Che tortura! Il maggiore dei miei figli persevera in questo errore; per esempio, caparbiamente vuole terminare "All the Pretty Horses", malgrado lo trovi pesante e noioso (si veda la recensione in questo sito del romanzo di Cormac McCarthy). Alcuni anni fa ho deciso che avrei gettato un libro "dalle mie mani" dopo ottanta pagine, se avessi trovato la sua storia non interessante, i suoi personaggi malamente descritti e la sua scrittura poco piacevole, o soltanto se avessi preferito leggere un altro libro. Ho applicato queste superficiali regole in questo caso. Siamo durante la Resistenza. Tra colline non identificate, ma probabilmente nel confine Nord-Est d'Italia, un piccolo contingente di partigiani combatte contro i nazi-fascisti: sono di differenti nazionalità, uniti dalla comune necessità di sopravvivere piuttosto che dall'odio verso i tedeschi e i fascisti. C'è pure un ragazzo di nove anni: Giorgio, soprannominato il Mozzo perché i partigiani immaginano di essere i favolosi pirati della Tortuga e la loro banda simile ai Bucanieri veleggiando per i mari dei Caraibi. Realmente una strana metafora giacché sono in montagna! Perché non un gruppo di alpinisti verso la conquista di una cima o gli alpini nella prima guerra mondiale? Non è chiaro perché Giorgio abbia lasciato la sua casa e i genitori; leggendo veniamo a sapere che << era cominciato, per lui, con dei fascisti collaborazionisti che lo rincorrevano. (...) Con lui che correva come una lepre sul sentiero che, superata Capodistrada, va ancora su ottocento passi, novecento se sei affaticato, prima di infilarsi attraverso le sterpaglie e dentro l'intrico dei rovi, per venir fuori, già a carponi, al fienile e raggiungere così quel nascondiglio>>. Qui il ragazzo è stato adottato da un gruppo di uomini e donne, già usi alla guerra e alla morte: leali, coraggiosi, profondamente onesti, e protettivi verso Giorgio, come se fossero le Tigri di Mompracem. Giorgio impara a vivere come un partigiano, apprendendo passo per passo a sopportare il freddo e la fame, a nascondersi, a stare all'erta per un improvviso attacco tedesco, a dimenticare la propria famiglia, e infine a combattere. << Stringeva gli occhi, Giorgio detto il Mozzo e, cercando di recuperare quella sensazione di invisibilità, si arrotolava nella coperta di lana ruvida,>> aspettando l'alba quando << i contorni delle cose sono di più sotto il controllo della mente e quelle stesse cose si ingigantiscono meno.>>

Le prime pagine del romanzo promettevano una storia interessante: un adolescente che diviene adulto affrontando una vita dura e combattendo per la libertà. Sfortunatamente, rapidamente la vicenda è rientrata all'interno delle tre regole auree. Innanzitutto, la narrazione è noiosa, senza colpi di scena e momenti di tensione, una scontata e ripetitiva successione di eventi di guerra e di vita partigiana. In secondo luogo, i personaggi non sono analizzati in profondità, soprattutto la personalità di Giorgio, il quale sembra accettare le nuove e drammatiche esperienze troppo facilmente. Infine, la scrittura è piena di dialoghi inutili e banali, a scapito della descrizione dei luoghi e della creazione di quell' atmosfera, che vorrebbe essere immaginaria, ma è piattamente prosaica. Di conseguenza, ho deciso di far cadere il libro, ne avevo un altro da leggere, e il tempo è così poco!

Perché non leggerlo? E' noioso.

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